OmelieOmelie Dicembre 2019

25 dicembre 2019 – Solennità del Natale di Nostro Signore – Don Samuele

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

Perché siamo qui in questo momento, anziché starcene a casa al caldo, nel tepore della famiglia? Non perché il calendario ce lo impone, non perché la tradizione va rispettata, non perché, tutto sommato, in chiesa si mette sempre la ciliegina sulla torta a qualsiasi evento … 

Siamo qui perché non tolleriamo l’idea di fare una festa senza il festeggiato, sarebbe una beffa ed una presa in giro reciproca. Siamo qui perché in questo suo ritorno nel mondo, oggi, Gesù Cristo trovasse ancora un po’ di fede sulla terra. Siamo qui perché Lui è la vite e noi i tralci, e senza di Lui non possiamo fare nulla, lo ha detto il Signore con estrema chiarezza e franchezza. Siamo qui perché se perdiamo Lui sprofondiamo nella miseria umana, psicologica, spirituale, più nera, basta sfogliare un quotidiano e troviamo esemplificazioni a bizzeffe. Siamo qui a ricordare un evento passato, che accade identico oggi, ed è l’unico che riesca ancora a dare una prospettiva ed una speranza per il futuro, mendicanti di amore come siamo.

E come abbiamo fatto per tutto l’Avvento, anche oggi ci affidiamo agli amici che ci hanno accompagnato con calore nel tempo dell’attesa.

 

La grande luce

Isaia oggi grida di gioia: chi camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Dio ha moltiplicato la gioia, spezzando il giogo di ogni schiavitù, distruggendo strumenti e rancori di morte. La pace di Dio non è violenza che si oppone alla violenza, come accade in tanto pacifismo urlato da arrabbiati, ma consiste in un bambino che, fin dal suo concepimento e dalla sua nascita, non è contro qualcuno, ma è per tutti. È nato per noi. Dio, che è nostro Creatore e Padre, in Cristo si fa nostro Figlio, per trasformare noi, mendicanti di amore e di Verità, in figli suoi. È il Signore che non spadroneggia, non si serve, ma si pone al servizio. E nel suo nome è contenuta la sua identità e la sua missione. Isaia lo chiama “Consigliere ammirabile”, perché il Figlio di Dio, che ci rende figli di Dio, consiglia sempre, non impone mai la sua volontà. È un “Dio potente”, perché nulla è impossibile a Dio, nessuna barricata riesce ad impedirgli di portare avanti ostinatamente il suo disegno di amore, l’amore vince sempre. È “Padre per sempre”, perché ciò che fa non si consuma e non si esaurisce in tempi brevi, Lui è l’artefice della “nuova ed eterna alleanza”, lo ripeteremo tra poco nel momento della consacrazione. È il “Principe della Pace”, perché come ci ricorda molto bene uno dei padri della Chiesa, Egli pone la pace di Dio come confine del mondo e come custodia della vita dell’uomo.

Addirittura Isaia giunge a esultare dicendo “come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi” … ma quando si guarda una persona si vede il volto bello, sorridente, compassionevole, non guardiamo i piedi degli altri, ma li guardiamo negli occhi, Isaia gioisce per la bellezza dei piedi, ovvero per la bellezza dell’annunzio che essi portano: finalmente Regna il tuo Dio!

 

Il posto di Dio

E gli evangelisti gli fanno eco. Luca è narrativo ed è ricco di dettagli. “Per loro non c’era posto nell’alloggio”, oggi non metteremmo nell’Evangelo che una copia chiede una camera in un hotel ed hanno come risposta che è tutto esaurito. Niente, provano altrove. Il problema è ben più grave: non c’era posto per Dio tra quella gente. Non diciamo che erano tutti brutti e cattivi! C’è posto per Dio nell’alloggio del cuore dei battezzati oggi? La mente ed il cuore dei cristiani di che cosa sono colmi, e di chi sono vuoti? Tra i pastori c’era posto, perché l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo diventerà il loro pastore, ed i pastori diventeranno gli agnelli del suo gregge. In questo momento di “meraviglioso scambio”, come canta la Liturgia, si accende una grande luce. È la medesima che brilla quando Gesù Cristo ogni Domenica parla ai suoi, e noi ascoltiamo senza paura, ma con amore, ciò che Egli dice; è la medesima luce che brilla quando Gesù Cristo salva, mediante i Sacramenti, e noi ci lasciamo amare e salvare da Lui: anche quest’anno, per il trentacinquesimo anno consecutivo, ho avuto la gioia di vedere persone commuoversi e piangere, nel momento della Confessione, quando la Grazia di Dio perdona e salva; è la medesima luce che brilla quando Gesù Cristo ama e ci dà il comandamento di amare con le sue misure ed i suoi criteri, e noi, mendicanti di amore, siamo trasformati in artisti dell’amore, divenendo capaci di servire, di perdonare, di pregare per i nemici. In questi momenti la gloria del Signore ci avvolge di luce. Ed allora si instaura una grande gioia: ce lo siamo già detti in Avvento che occorre imparare a distinguere le piccole effimere gioie, e la grande gioia che ci viene offerta, e decidersi, senza paura, senza tentennamenti, senza rimpianti. Ma Lui che nasce, trova ancora fede? La pagina di Luce si conclude con un canto: “Gloria a Dio e pace agli uomini”, perché come diceva Ireneo di Lione, “Gloria Dei vivens homo”, ovvero, “La gloria di Dio è l’uomo vivente”.

 

Scrutare il Λογοσ

Giovanni, a differenza degli altri sinottici, non si è preoccupato di farci tornare indietro nel tempo a cercare dettagli curiosi sugli eventi della nascita di Gesù, ci ha invece portati – attraverso la sublime pagina del prologo del suo Evangelo – nell’eternità di Dio, dove, da sempre e per sempre gli occhi ed il cuore si fissano sul Logos, sulla Parola, che è principio, fonte, causa, ragione di tutto. Anche qui brilla una grande luce, sempre in battaglia contro la tenebra che tenta di soffocarla, perché, da che mondo è mondo, stoltamente ci si rallegra sempre di più per un ideale che si spegne, piuttosto che, sapientemente, per uno che si accende. Si resta più attratti dal frastuono di un albero che cade, anziché dal silenzio della foresta che cresce. Si resta più abbagliati dal luccichio dell’inquinamento luminoso che avvolge il pianeta, anziché dall’umile luce che Gesù Cristo accende nel cuore dell’uomo. 

E così ci troviamo immersi nella tragedia che il convertito francese André Frossard descrive in questi termini: “Noi non comprendiamo nulla dell’amore, siamo capaci solo di fissargli dei limiti, che corrispondono alle ristrette misure del nostro cuore”. Ecco che Dio viene, e noi ce ne andiamo; ecco che Dio abita e resta, e noi diventiamo vagabondi, in perenne fuga da noi stessi; ecco che Dio abbraccia i suoi, e i suoi gli voltano le spalle. Ma nel mucchio degli ingrati c’è anche chi lo accoglie: voglio ostinatamente coltivare la speranza che anche tra qui non è qui oggi, ci sia qualcuno che lo sta cercando. E vorrei dirgli: continua a cercare, perché Dio è uno che si lascia trovare, dai pastori, dai Magi, da te, figlio suo!

  • Nella noia del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nella apatia del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nelle tragedie del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nell’indifferenza del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nell’ateismo del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nel rifiuto del mondo il Verbo si fa carne …
  • Nella persecuzione contro di Lui e contro i suoi il Verbo si fa carne …
  • Nella Chiesa, casta meretrix il Verbo si fa carne …
  • Nel cuore di ogni uomo di buona volontà il Verbo si fa carne …

E abita con noi, udite, udite, abita con noi, e ci reca in dono due tesori: la Grazia, ovvero Lui come ricchezza di Dio, e la Verità, ovvero Lui come chiave per risolvere l’enigma della vita e conoscere Dio, l’uomo, il mondo. Ma Lui che nasce, ci trova ancora credenti in queste cose? Per questo dubbio, a Lui che nasce mi sento di rivolgere, a nome mio e a nome vostro, ciò che scrisse Paolo VI:

Tu ci sei necessario, o Cristo

O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario: per vivere in Comunione con Dio Padre; 

per diventare con Te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.

Tu ci sei necessario, o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza 

e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione, 

e per avere certezze che non tradiscono in eterno.

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, 

fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli.