12 aprile 2020 – Domenica di Pasqua – Don Samuele
In Resurrectione Domini:
Lacrime di Risurrezione
Sia lodato Gesù Cristo – Sempre sia lodato
La Liturgia di Pasqua ci pone di fronte ad un “morto che non è più morto”, ma non è nemmeno semplicemente vivo, è più che vivo, anzi, è immortale. Cristo Risorto è lo stesso Gesù di Nazareth, ma non è più Lui, è molto più di Lui. Per spiegarmi ricorro all’immagine del bozzolo e della farfalla. Nel bozzolo c’è un verme abbastanza schifoso, ma quando il bozzolo si schiude, e ne esce la farfalla, questa è un animale splendido e affascinante. È ancora la creatura di prima ma, nello stesso tempo, non lo è più: è molto di più, è molto meglio. Il cadavere di Cristo, come ogni cadavere, non rifulge di bellezza, ma il Cristo Risorto illumina tutta la realtà con la sua bellezza trasfigurata. La Chiesa lo chiama il “sole di Pasqua”, che fa impallidire anche la stella più fulgida. E questa è la nostra vocazione: siamo in questo momento una umanità piagata e sofferente, crocifissa, ma non siamo fatti per la croce, siamo fatti per la risurrezione e la vita: questo è ciò che ci attende. Crediamolo, speriamolo, amiamolo. Su un morto si piange, sul Risorto, non solo la Chiesa, ma anche l’umanità sana di mente, gioisce e si rallegra, perché ogni speranza umana, nel Signore Risorto, trova un senso ed una conferma. Ricercando motivi di speranza, in questa strana Pasqua del 2020, vorrei che riflettessimo su due ordini, espressi da due verbi che troviamo nel Vangelo: “Piangete! Non piangete!” e su una domanda: “Come evitare di piangere ancora?”.
Piangete!
Quante volte Gesù ha colto ed ha raccolto le speranze umane, quante volte è stato capace di far commuovere fino al pianto le persone che ha incontrato: quando ha guarito gli ammalati, quando ha perdonato i peccatori, quando ha chiamato gli apostoli, quando ha ridato dignità e fiducia alle persone più disparate, quando ha suscitato preoccupazione in sua Madre e in quelli che gli volevano bene per la sua incolumità, quando è stato portato al Calvario ed è morto amando. Proprio in questa situazione, mentre “Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui … Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. ” [1]. Mi inducono molto a pensare queste parole del Venerdì santo. Gesù, che era venuto ad asciugare le lacrime umane, qualsiasi lacrima umana, ha esortato le donne di Gerusalemme a piangere, ma non su un innocente crocifisso, quanto, piuttosto sui loro figli, su coloro che, mettendo in croce Dio, uccidendo Dio nei loro interessi, nei loro desideri, nei loro bisogni, nelle loro preoccupazioni e nelle loro occupazioni, diventano inesorabilmente come Caino. E, per essere omicidi, non è necessario premere un grilletto o ferire a morte con un corpo contundente. Gesù ha detto chiaramente: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna” [2]. È sufficiente non amare abbastanza per eliminare Dio e gli altri dalla nostra vita. Ecco perché Gesù è stato così drastico: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. La sua voce, in questi giorni santi, risuona non più solo per le madri di Gerusalemme, ma per tutte le madri del mondo, soprattutto per le madri del nostro mondo occidentale, che innalza ogni giorno la croce per continuare ad inchiodarvi Cristo, riducendolo al silenzio, alla irrilevanza, alla indifferenza, uccidendolo negli interessi, nei desideri, nei bisogni, nelle preoccupazioni e nelle occupazioni, delle vecchie come delle giovani generazioni. E così crescono i Caino con l’abuso di droga, di alcool, di bruttezza e di volgarità, con il ripudio dei valori cristiani, con la mancanza di rispetto e di dedizione, con l’incapacità di amare, cioè di donarsi e di servire, di spendersi e di infondere vita là dove ci sono situazioni di morte. Anche in questi giorni ho raccolto osservazioni di persone che nella semplicità del ragionare comune, mi hanno detto: “ma sa che il diffondersi di questa epidemia dipende da quella fame di guadagno in nome della quale non si guarda in faccia a niente e a nessuno, non si rispettano le regole sanitarie adeguate, non ci si ferma in tempo”, e sono rimasto ad ascoltare queste osservazioni che nascono dal buon senso. “Figlie di …, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”, se lasciate che Dio muoia nel loro cuore, piangete se non gli insegnate più a metterlo al posto principale, se non li accompagnate nella preghiera e nell’ascolto della Parola, se non vi preoccupate che si allontanino dai Sacramenti, se non vi importa che siano partecipi della vita della Parrocchia, se inculcate unicamente un amore sbagliato di se stessi, che si chiama egoismo, e non li educate alla carità di Cristo: “Figlie di …, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”.
Non piangete!
Queste cose, anche se appaiono una voce fuori dal coro, nel giorno di Pasqua, vanno dette, perché non si capisce e non si gusta la Resurrezione, se non si prende coscienza delle proprie situazioni di morte. Se pensiamo di essere già vivi, e di non avere bisogno della vita che ci viene offerta dal Risorto, allora è inutile che celebriamo la Pasqua, perché risulterebbe una farsa. La Pasqua denunzia e dichiara che c’è una morte, che non è lontana da noi, che è dentro di noi, se Dio, in noi, è sempre nella condizione del venerdì santo, cioè è l’ucciso che non parla, che non chiama, che non invita, che non scuote la coscienza, che non spinge a edificare in noi l’uomo nuovo. La Pasqua ci dice che questa non è, non può, non deve, diventare la condizione del credente. Se noi partecipiamo alla morte di Cristo è solo per essere protagonisti, insieme a Lui, della Risurrezione. Questo evento si è verificato in noi con il Battesimo e chiede di divenire attualità e quotidianità permanente, grazie alla memoria che ne abbiamo fatto stanotte e rinnovando, oggi, le nostre promesse Battesimali. Se c’è gratitudine a Dio per un dono che non meritiamo, se c’è questa voglia di vita nuova, se c’è questo impegno per la costruzione dell’uomo nuovo, se c’è la determinazione ad educarci e ad educare alla piena maturità di Cristo, cioè alla sua capacità di pensare e di amare, allora non vale più la parola che abbiamo ricordato prima: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. La Parola che risuona a Pasqua supera e annulla quella che abbiamo ascoltato il venerdì santo. Anche al nostro cuore risuona, come una musica sublime, la straordinaria sorpresa che ha visto protagonista un’altra donna. “Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto” [3]. Chi cerca Cristo prima o poi lo trova; chi desidera Cristo prima o poi scopre che il dono ricevuto da Lui va ben oltre qualsiasi umano desiderio; chi cammina con Cristo scopre quanto cresce la sua umanità e quale prospettiva di dignità acquista: diventiamo figli nel Figlio; chi sente il bisogno di Cristo non ha più bisogno di nulla; chi trova Cristo ha trovato se stesso, ha trovato Dio, ha trovato il mondo, ha trovato la vita, ha trovato la grazia, ha trovato la felicità, è divenuto cittadino della risurrezione e della vita, dell’eternità. “Perché, dunque, piangete ancora? Non piangete più!”. Questo è l’annunzio di vita, di gioia, di speranza, che oggi la Chiesa proclama al mondo angosciato per il suo presente e per il suo futuro, per un virus invisibile che mette a rischio vita, lavoro, relazioni, progetti. Il mondo cristiano, per 2000 anni, ha sperimentato ciò – in mezzo a pericoli, incoerenze e peccati, epidemie, pestilenze, calamità, tragedie, di ogni tipo – eppure la fede cristiana è stata annunzio di vita, di gioia e di speranza, sempre, ieri e oggi. Tutto questo lo si ammira nelle cattedrali gotiche come nelle basiliche barocche, nella musica gregoriana come nelle grandi composizioni polifoniche e sinfoniche, nei quadri e nelle sculture, nell’urbanistica delle città, costellate di oasi spirituali indicate da migliaia di campanili; soprattutto lo si scopre nel numero incalcolabile di opere di amore, nella educazione dei bambini e nella cura amorevole dei vecchi, dei malati e di chi ha sbagliato, di chi ha bisogno di attenzione e di assistenza, nella carità che ha una fantasia inesauribile, e che è giunta, in quell’epoca aurea che è il medioevo, a dare vita ad una congregazione di religiosi, chiamati Trinitari, il cui scopo era quello di offrirsi in cambio dei prigionieri sequestrati dai pirati mussulmani: un frate, consapevole di andare incontro alla tortura e alla morte, disposto ad offrirsi in cambio di un gruppo di cristiani – una ghiotta preda per i sanguinari saraceni –. Quanta vita, quanta gioia, quanta speranza, ha suscitato, negli uomini e donne di buona volontà, l’annunzio che Cristo è risorto, che non siamo fatti per la morte, per la tristezza, per la disperazione, ma siamo i discepoli del Risorto, e quindi il popolo della vita, della gioia, della speranza!!! Quante lacrime ha asciugato e sta ancora asciugando la Chiesa del Risorto, e quante ancora attendono di essere asciugate da testimoni credibili della Risurrezione, anche in riparazione di lacrime versate per colpa di cristiani incoerenti. Quanta vita, quanta gioia, quanta speranza, siamo chiamati a portare nelle nostre case, tra i nostri conoscenti e colleghi, nelle nostre comunità in questa Pasqua unica nella storia.
Come evitare di piangere ancora?
È questa una domanda molto seria, che vale la pena di porsi, nel celebrare la Resurrezione di Cristo, anziché stamparsi sul volto un sorriso di circostanza, solo perché è Pasqua! Intervistato dal quotidiano “Avvenire”, uno studioso americano, Michael Jones, ha dichiarato: “L’Europa è una costruzione cristiana; fu creata da S. Benedetto. Può sopravvivere soltanto in questi termini… L’illuminismo non è un sostituto adeguato alla Chiesa e ai suoi strumenti d’inculturazione. Guardi il caso dell’Inghilterra: il saccheggio dei suoi monasteri nel ‘500 ha portato alla perdita del suo patrimonio culturale. Non è un caso se oggi vaste aree della nazione, come Leicester e parti di Londra, sono ormai islamizzate. Credo che l’Europa debba riconoscere le proprie radici” [4]… così diceva un giornalista. Vi sono moltissime forme di cancrena spirituale che stanno uccidendo le nostre coscienze, le nostre famiglie, le nostre comunità parrocchiali, le nostre società, e le conosciamo fin troppo bene, non c’è bisogno che ve le elenchi, ma avete il dovere, ciascuno verso se stesso e verso i propri figli, di farvele venire bene in mente, e di non aspettare che ci pensi il governo ad affrontare il problema, perché è problema e dovere di ognuno chiedersi: “io che cosa posso, che cosa debbo, che cosa voglio fare?”. Mi resta solo da aggiungere un’ulteriore domanda: siamo uomini, che sanno vedere, prevedere, e prevenire, o struzzi che affondano la testa nelle sabbia per non vedere e illudersi che, tanto, il pericolo passa? Non ci sono molte alternative: o essere noi stessi e vivere la vita dei risorti, che non conoscono più la parola “morte”; oppure rinnegare noi stessi, non vivere da risorti, e quindi assistere inesorabilmente alla morte che non conosce risurrezione.
Celebrare il Signore risorto, significa professare con la vita, più che con le parole, questa certezza e questa speranza, ma significa anche rimboccarsi le maniche, perché la risurrezione del capo, avvenuta 2000 anni fa, avvenga nelle membra del corpo del Signore, in tutte le membra, oggi! Come è avvenuto ai discepoli di Emmaus, anche noi siamo chiamati ad annunciare il Kerugma contro l’antievangelo dei discepoli disperati, prima lasciandoci purificare con il fuoco del sacrificio di Cristo, lasciandoci illuminare dalla luce della sua Risurrezione, lasciandoci immergere in Cristo, acqua che zampilla per la vita eterna, lasciandoci sostenere nella fede del Signore Risorto, che rimane con noi fino alla fine dei tempi, quindi regalando la stessa esperienza che abbiamo vissuto a qualcuno che ha bisogno di risorgere. Solo così è Pasqua! Solo così possiamo dirci con gioia: buona Pasqua.
Auguri di Pasqua
Nonostante le limitazioni dovute al coronavirus abbiamo potuto celebrare ugualmente la Pasqua e coinvolgere attraverso lo streaming centinaia di persone, della nostra, come di altre comunità. Voglio ringraziare il Signore di questo e tutti voi che avete voglia di comunità. È una cosa bellissima, che dovremo coltivare, come frutto dolce di un tempo amaro.
Voglio abbracciare tutti voi che siate in ascolto e in sintonia spirituale, e scambiare con voi il bacio di pace. Vi saluto tutti con affetto, saluto le parrocchie della nostra comunità pastorale: Sabbioneta, Breda Cisoni, Ponteterra, Vigoreto, e Villa Pasquali, con anche tutti i rioni, da S. Remigio a Cantonazzo, da Mezzana a Cà d’Amici, dai Dossi a Borgofreddo, dalle Fornaci ai Campetti, (ce ne sono ancora …) ed i miei parrocchiani non me ne vorranno, se saluto anche amici che ci seguono fedelmente da Antegnate, da Cremona, da Gabbioneta Binanuova, da Londra, da Venezia, da Carpi, da Bergamo, da Milano … e da qualche altro luogo. Un forte abbraccio per tutti. La Chiesa è cattolica, cioè universale, e proprio questa universalità a Sabbioneta si fa accoglienza di ogni lingua e cultura. Vedendo la desolazione di una città dove normalmente risuonano tutte le lingue del mondo, e muta, in queste settimane, voglio esprimere l’augurio di buona Pasqua in alcune lingue, quasi ad invitare i turisti a tornare presto, e a sentire Sabbioneta come famiglia accogliente:
A tutti i turisti italiani che ci vogliono bene: Buona Pasqua!
ai francesi: Saintes et joyeuses Fêtes de Pâques!
agli inglesi: A happy, blessed and peace ful Easter to you all!
agli spagnoli: Paz, felicidad y alegria en Cristo resucitado!
ai portoghesi e brasiliani: Votos de santa e feliz Páscoa.
ai tedeschi: Gesegnete, frohe Ostern!
ai polacchi: Wesołégo Alleluja!
ai russi: Kristós vosskrièsse!
ai fratelli greco-ortodossi: Christós anésti!
agli arabi: Al Massih Gam Haggan Gam!
ai cinesi: Fu Hua Ju Que!
Per tutti: Surrexit Dominus vere, alleluia!
[1] Lc. 23,27-31
[2] Mt. 5,21-22.
[3] Gv. 20, 11-13.
[4] “Avvenire”, 18 aprile 2006, p. 23.