10 maggio 2020 – Domenica V di Pasqua (anno A) – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
In questi 50 giorni della Pasqua quante volte ci è già stato detto, e quante altre ancora ci sarà ripetuto un fatto che ha cambiato il mondo e la vita: Cristo è risorto, e noi siamo invitati a credere alla verità di questo annunzio carico di speranza. Non ne abbiamo la prova, e la speranza, talvolta, ha la consistenza della utopia, della illusione. Ma le illusioni, facilmente divengono delusioni. Ci sono anche tra i figli di Dio i delusi dalla speranza? Mi auguro di no, perché l’Amore di Dio è tanto forte e tanto vincente, da sfidare continuamente le apparenze, e sa riempirci il cuore di certezze. La Parola di Dio che ascoltiamo in questa V Domenica di Pasqua ci aiuta ad affrontare questi problemi, e ci offre delle tracce per scoprire la perla ed il tesoro di Cristo, sapendo che non stiamo partecipando ad una grande caccia al tesoro, ma al gioco più importante ed impegnativo che vi sia, cioè la vita.
Prima traccia del Risorto: la comunità
Prima traccia del Risorto che alimenta la speranza: una comunità che non è mai perfetta, ma è sempre perfettibile, non nelle apparenze, non nelle architetture burocratiche, non nel funzionamento delle istituzioni, ma perfettibile nell’amore. Di questo ci ha parlato la 1 lettura. Nella comunità, nella parrocchia di Gerusalemme – diremmo noi –, vi erano persone che si sentivano trascurate, e nasce il mugugno, come avviene in tutte le comunità cristiane del mondo. E gli apostoli offrono una traccia del Risorto chiedendo di impiegare il tempo preziosissimo della vita, non passivamente, in inutili critiche distruttive, ma attivamente in un rimboccarsi le maniche per mettersi a servizio, poiché in una comunità mille sono i servizi, e non tutto deve essere fatto dal manipolo di sventurati che tirano la carretta. Si moltiplicano i bisogni, bene, bisogna moltiplicare i “diaconi”, cioè i “servitori” delle svariate esigenze, senza pretendere che gli altri facciano, ma ciascuno mostrando la faccia, e regalando un po’ di tempo, soprattutto un angolo di cuore. C’è spazio per tutti, c’è lavoro per tutti, c’è bisogno di tutti. Con lo spirito che anima quella antica preghiera che dice: “Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi il suo lavoro. Cristo non ha piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Cristo non ha labbra ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini di oggi. Cristo non ha mezzi ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé oggi. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole”. Prima in opere, e poi in parole. Ecco una traccia eloquente e credibile di Cristo risorto, ma anche di una Chiesa, impegnata non nel mugugno, ma nel servizio, leale, libero, gratuito, senza pretese, come ricorda Don Primo Mazzolari: “Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto, né chi sta in basso, né chi crede, né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s’impegnino, con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna, senza condannare chi non s’impegna, senza disimpegnarci perché altri non s’impegna. Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci”. La Chiesa di Gerusalemme ha avuto la grazia di questo segno della Risurrezione nella fioritura dei molti servizi. La nostra Chiesa oggi chiede al Signore lo stesso segno, non solo per le parrocchie, ma per l’intera società, e il Signore ci ha già dato molteplici segni di questo servizio generoso, nelle centinaia di medici, infermieri, volontari, amministratori, sacerdoti, che hanno esercitato la diaconia, il servizio, offrendo la loro vita per la cura dei fratelli bisognosi. Ecco una traccia eloquente della Resurrezione.
Seconda traccia del Risorto: le fondamenta dell’edificio
Seconda traccia: una pietra “scelta e preziosa”, Gesù Cristo, posta da Dio a fondamento di ogni costruzione umana, affinché non sia una torre di Babele, ma la santa Gerusalemme descritta dall’Apocalisse, con mura d’oro, perle come porte, pietre preziose a fondamento, l’Agnello come lampada … Pietro ci ricordava che il Risorto ci ha costituito “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”. Questo è l’”edificio” spirituale nel quale la gente di oggi può vedere e incontrare il Risorto, purché ogni battezzato eserciti “un sacerdozio santo”, dice Pietro nella 2 lettura. Il che non significa rubare il mestiere ai preti, sì perché fanno ridere quei laici che fanno i preti, così come fanno ridere quei preti che fanno i laici, il sacerdozio santo è un “offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”. E quale sacrificio è più gradito, a Dio e agli uomini, del sapere donare la propria vita là dove il Signore ci chiama a vivere? E non è la casa e la famiglia, non è la scuola ed il lavoro, non è il tempo libero e i vari ambiti sociali, non è la comunità religiosa e quella civile, l’immenso spazio in cui ognuno può offrire il sacrificio di sé? E così come “non resterà deluso” chi si appoggia sulla pietra d’angolo che è Gesù Cristo, così non può e non deve restare deluso chi si affaccia sull’edificio spirituale della Chiesa, perché qui la roccia di fondamento è particolarmente evidente e viva. “Onore dunque a voi che credete”, a voi che siete “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”. Questo è il nostro onore ed il nostro onere, questo è un impegno fondamentale della nostra fede, questa è una traccia eloquente della Resurrezione.
Terza traccia del Risorto: la vittoria sulla paura
Terza traccia: la vittoria sulla paura. È un incitamento ricorrente sulla bocca di Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore”. Noi non abbiamo paura di niente, perché Gesù ha vinto il mondo e la morte, e, persino di fronte a questa – che sempre ci lascia smarriti … pensiamo agli oltre 30.000 morti per il coronavirus, una città cancellata dalla carta geografica! – Gesù ci assicura “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. Ci rincuora la fatica di credere di Tommaso, che può essere la nostra: come si fa a conoscere la strada per arrivare lì? Soprattutto ci rincuora la pazienza di Gesù nel sostenere la nostra fede fragile: “Io sono la via, la verità e la vita”. La società moderna ha moltiplicato le vie di “salvezza” (la scienza aveva promesso di risolvere tutti i problemi, il progresso aveva promesso di appianare tutte le difficoltà, il benessere aveva promesso di garantire una vita piacevole a tutti): si fa presto a promettere, ma che cosa ci troviamo tra le mani? Così come ha demolito la verità per impiantare la dittatura delle opinioni, tutte sullo stesso piano. Che cosa ci abbiamo guadagnato, e, soprattutto, che cosa ci abbiamo perso a perdere la verità? Così come è cresciuto il delirio di onnipotenza nel voler disporre della vita, come se fosse un prodotto di laboratorio. Ma è diventata più umana la vita con l’aborto, l’eutanasia, l’ingegneria genetica, il gender, le varie manipolazioni? Cristo non ammette concorrenti: Lui non è una via, ma la Via; Lui non è una verità, ma la Verità; e Lui non è una vita, ma la Vita. Ci crediamo ancora noi cristiani? Anche Filippo, con la sua testardaggine ci dà una mano: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”, cioè chiede quei segni forti di un Dio interventista, presenzialista, tutti i giorni in televisione a dire qualcosa, tutti i giorni sui giornali perché fa qualcosa, pur di apparire … ancora ci rincuora la pazienza di Gesù nel sostenere la nostra fede fragile: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. Non c’è bisogno di fuochi artificiali per credere, altrimenti non sarebbe più fede per gente libera, ma evidenza cui siamo costretti. È sufficiente una cosa: “Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse”. Per chi vuole credere nessuna prova è necessaria, e per chi non vuole credere nessuna prova è sufficiente. Questa vittoria sulla paura, grazie alla fede, è una traccia eloquente della Resurrezione.
Quarta traccia del Risorto: le mamme
Ultimissima traccia: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Cristo Risorto lo vediamo agire in tutti quelli che credono in Lui, che parlano con il Vangelo, che amano con il suo cuore, che servono con la sua determinazione. Alcuni di questi li abbiamo già ricordati, e ringraziati, permettetemi di ricordare con affetto e di ringraziare una categoria di persone che, in modo specialissimo, incarnano questa traccia della resurrezione: sono le mamme, oggi è la loro festa. Il loro modo di parlare, di amare, di servire, di sacrificarsi, è un compiere quotidianamente le opere compiute da Gesù. Non ho mai fatto mistero di dire che ho imparato a fare il prete più da mia mamma che dal seminario, così come tutti voi avete imparato ad essere mamme, papà, bravi professionisti, insegnanti, medici, operai, operatori in qualsiasi settore, dalla dedizione e dall’amore di mamme che hanno incarnato l’amore di Dio. Dio benedica tutte le mamme e dia loro la gioia di Maria nello scoprire che il Figlio suo, rifiutato dagli uomini e crocifisso, Dio lo ha risuscitato e glorificato. Regina coeli laetare, alleluia, così sia per tutte le mamme.