OmelieOmelie Luglio 2020

12 luglio 2020 – Tempo durante l’Anno XV Domenica (anno A) – Don Samuele

Tempo durante l’Anno – XV Domenica A – 12 luglio 2020

 

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

Tempi duri per la pioggia tanto quanto per il seminatore! La Parola di Dio è chiarissima.

 

Un deserto che non sa cosa farsene dell’acqua

Il profeta Isaia si è ingegnato di essere poeta, per cantare con amore e con riconoscenza il fatto che Dio non se ne sta in silenzio, imbronciato, offeso, ma continuamente riversa sul mondo un fiume di pace, attraverso le sue parole di salvezza e che cosa ottiene? Che la terra è molto più disponibile all’ascolto e all’accoglienza del cuore di tanti uomini. Le zolle della terra più disponibili dei cuori: la terra, infatti, gioisce per la pioggia e per la neve: sono la sua fecondità, la sua possibilità di far germogliare la vita, di farla esplodere. Il cuore dell’uomo è facilmente annoiato se non addirittura infastidito dalla Parola di Dio, dal dono e dalla proposta di vita di Dio, e così anziché trovarci dentro un giardino lussureggiante, ci troviamo spesso dentro una umanità arida come il deserto, sempre più arida, sempre più senza cuore, che non sa cosa farsene dell’acqua … non sto inventando, se avete ancora l’abitudine di leggere i giornali e di seguire quel che capita nel mondo, come fate a non essere preoccupati degli andamenti della società? Non terrorizzati, ma almeno preoccupati. Qualcuno, schifato, mi dice sempre più spesso di non ascoltare più nessuna informazione: è un meccanismo di difesa legittimo, ma è pure la tecnica dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia per non vedere il pericolo incombente, tuttavia il pericolo rimane, e fa dei danni gravi, se non lo si affronta! In questo quadro non certo confortante, Dio, attraverso il profeta ci fa una promessa nella prima lettura di oggi: la “parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. Se tenace è la volontà umana di rifiutare Dio ed il suo amore, ancora più cocciuta è la determinazione di Dio a regalarci gratis il suo amore!

 

Un raccolto assai scarso

Il salmo 64, che abbiamo pregato dopo la lettura di Isaia, ci ha preparato all’ascolto dell’Evangelo, ricco di temi tratti dalla vita contadina, con le immagini poetiche: “Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Coroni l’anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia! Ma la poesia lascia il posto subito alla prosa, perché Gesù non è un illuso idealista, ma sa benissimo quanto è deludente per Dio parlare, e sapere che di quello che dice solo un misero 25 % produce frutto (il 75 % va perso), e neanche tutto con la stessa intensità, perché in questo misero quarto può fruttificare il cento, il sessanta o il trenta. Scommetto che se il buon Dio dovesse iscriversi alla facoltà di agraria, non riuscirebbe a conseguire la laurea, perché un agricoltore così fallimentare, che perde il 75 % del suo prodotto è meglio che si dia all’ippica: un vero fallimento! Gesù è spietato con se stesso nella spiegazione della parabola, da sola tanto semplice: “il seme seminato lungo la strada” … “viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore”. “Quello seminato sul terreno sassoso” … un fuoco di paglia, diremmo noi “l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno”. “Quello seminato tra i rovi” … “la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto”. “Quello seminato sul terreno buono” … finalmente qualcuno che “dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”. Davanti a questo scenario, chi non gli direbbe: Signore, perché ti ostini ancora a parlare? Ma ti vale la pena sprecare il fiato per chi non ti vuole stare ad ascoltare? Questo è il bello della questione: “Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono”. E qui siamo nel caos più completo. A questo punto pare che Dio fa apposta a parlare in modo tale che “udendo non ascoltano e non comprendono”? È così? Sì, è così! Ma a che gioco giochiamo? Ci sta prendendo in giro? Uno che parla per non farsi capire? No! Gesù spiega con molta serietà la questione, ricordando le parole di Isaia: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca ugualmente!”. Ma la conclusione è che Dio ci guarisce ugualmente. In altre parole, Dio ci ama e ci salva non perché lo meritiamo, ma gratis, assolutamente gratis, al di là delle nostre risposte e dei nostri meriti. Se noi facessimo di tutto per corrispondere Dio, sembrerebbe quasi che la sua salvezza sia dovuta, che il suo amore sia meritato, ed invece no, non è così. L’amore di Dio è gratis, l’amore di Dio si dona senza contraccambio, l’amore di Dio non pretende dei meriti. Perché? Perché è Dio! Ricordate che Domenica scorsa Gesù ha esultato perché ai piccoli, Dio rivela il Mistero del Regno. Bene, oggi esulta di nuovo con un’altra espressione, perché “Beati … (sono) i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!”. Domanda: che cosa avevano fatto di speciale gli apostoli, o che cosa abbiamo fatto di speciale noi per meritare questo dono rispetto ad altri? Niente! Come la pioggia e la neve sono gratis, così l’amore di Dio scende dal cielo su di noi gratis. Dio fa piovere sugli orti della gente onesta, come fa piovere sugli orti dei farabutti. E Dio fa crescere il frumento ed il granoturco nel campo della brava gente come nel campo dei disgraziati. L’amore è gratis.

 

Un amore assai esagerato

  1. Bernardo, commentando il Cantico dei Cantici, così descrive un amore assai esagerato di Dio, e ci spiega così un po’ il senso dell’Evangelo di oggi: “L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. È a se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all’infuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere. L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari. Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore”. Occorre veramente una conversione della mente e del cuore per entrare nella logica della gratuità, perché è difficilissima per noi da raggiungere.

 

Il travaglio per la “civiltà dell’amore

Ci troviamo così dentro quella dinamica che S. Paolo ha espresso nella pagina della lettera ai Romani che oggi abbiamo ascoltato: siamo “protesi verso la rivelazione dei figli di Dio”, cioè vorremmo sperimentare un amore di tale livello, vorremmo saper amare come figli di Dio, ma non è così. Tutta la creazione vive questo stesso dramma: è attratta dall’amore vero, e non riesce a sperimentarlo. C’è un duro travaglio per arrivare alla “civiltà dell’amore”. Non ci resta che attendere il momento in cui: “la creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”. La nostra condizione è quella della “doglie del parto”. Io non sono in grado di spiegarvela questa cosa, mi dicevano qualche giorno fa che una donna per partorire un bambino ha avuto un travaglio di tre giorni: poveretta. Vedo che chi ha partorito manifesta con la faccia il suo sconcerto: tre giorni in quella condizione! Deve essere allucinante. Sì, va bè, il travaglio può essere lungo, ma prima o poi il bambino nasce. E perché il mondo nuovo dove il Regno di Dio è realtà, stenta così tanto ad arrivare? Sono passati 2000 anni da quando Gesù Cristo ha amato l’uomo fino a morire sulla croce gratis! E questo mondo nuovo dov’è? S. Paolo ci ha ricordato che “anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”. La nostra, tuttavia non deve essere una attesa passiva, ma una veglia attiva, ricca di buone opere, così che il Regno cresca almeno dentro di noi, perché la pioggia e la neve di Dio fecondano e fanno germogliare il cuore, trasformando ogni deserto in giardino. Anche in un mondo popolato sempre più da atei, noi non possiamo perdere la speranza e la certezza che Dio continua ad amarci gratis. Anche volgendo lo sguardo ad una società di adulti che gli ha voltato le spalle, e sta crescendo una giovane generazione sempre più distante da Lui, talvolta insofferente a Lui, Dio non smette di amare, continua ostinatamente ad amare, anzi, ama ancora di più. Ci crediamo a questo? Abbiamo l’onestà di gridare dai tetti questa verità, anche a costo di farci compatire? Quel Figlio che, quando tornerà, potrebbe non trovare più la fede sulla terra, certamente troverà ancora l’amore di Dio, che vivifica e salva la nostra umanità. Con questa certezza nel cuore, ripetiamo spesso a noi stessi, ciò che abbiamo proclamato cantando l’alleluia: Il seme è la parola di Dio e il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita eterna.