6 settembre 2020 – Tempo durante l’Anno XXIII Domenica (anno A) – Don Samuele
Tempo durante l’Anno – XXIII Domenica A – 6 settembre 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Una delle opere di misericordia, tra le più dimenticate e calpestate è “Ammonire i peccatori”. È lo stesso verbo che abbiamo sentito risuonare nell’Evangelo di oggi: “se tuo fratello sbaglia, và e ammoniscilo!”. Sembra quasi che oggi richiamare, rimproverare, siano diventati un crimine contro l’umanità. In realtà l’avere dimenticato questa opera di misericordia costituisce una scuola di criminalità. Perché se una persona non si accorge di sbagliare, o nessuno glielo dice che sta sbagliando, anzi, la tutela e la difende ostinatamente nello sbaglio, questa persona si convincerà che sbagliare va bene, che correggersi è roba da poco furbi. Il problema, dal punto di vista educativo, è serissimo, poiché oggi chi si permette un rimprovero, un richiamo, una correzione, ad un ragazzo, ad un alunno, riesce soltanto a coalizzare il parentado, che organizza una manifestazione contro chi osa tanto, rischia – uso un paradosso – rischia pure l’ergastolo, ed il pubblico vilipendio. Perché guai a dire qualcosa, e così ci troviamo dentro una emergenza educativa veramente preoccupante. E così tantissimi poveri ragazzi, uso questa espressione volutamente: “poveri ragazzi”, vengono devastati nella coscienza da adulti irresponsabili, e cresceranno umanamente deformati. Ecco perché si parla di emergenza educativa
Il compito della sentinella
La Parola di Dio non ha timore di affrontare il problema, sfidando le ire di chiunque, e di passare come cosa remota. Il profeta Ezechiele è stato chiarissimo. Egli si è sentito chiamato a svolgere il compito di sentinella. Quando sentiamo risuonare questa parola il pensiero va ai castelli medioevali sulle cui torri, giorno e notte, una sentinella doveva scrutare lontano, ed il suo dovere non consisteva nell’imbastire convenevoli con i passanti, non doveva dire: “buona giornata, state bene? Che bel tempo! Come va? Come non va? No! Il suo compito consisteva nel gridare a tutti voce “allarme, pericolo”, in caso di necessità. Come pure la parola sentinella mi ricorda uno dei racconti mensili, “Piccola vedetta lombarda”, nel romanzo “Cuore” di Edmondo de Amicis … roba dell’Antico Testamento, io l’ho letto forse in prima o seconda elementare. Però è un libro … il titolo “Cuore” la dice lunga. Ecco, noi che siamo un popolo di Sacerdoti, di Re, e di Profeti, grazie al Battesimo, oggi siamo richiamati a questa funzione di sentinella che dobbiamo svolgere. Non dobbiamo svolgere la funzione dei simpaticoni, ma delle sentinelle. C’è una buona fetta di umanità che non si accorge dei pericoli, ma c’è anche una buona fetta di Chiesa, malata di buonismo, che ormai intende il suo ruolo come un cinguettare con tutti, come un dedicarsi a convenevoli, che rendono simpatici e accolti con tutti gli onori nei salotti televisivi o ci conquistano un posto di riguardo sui giornali e sulle riviste che amano definirsi progressisti. Ma tutto questo è esattamente il contrario di quanto il profeta Ezechiele ci riporta come uscito dalla bocca di Dio. Sentite un po’: “Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”. Prima lettura. È un monito severo, che fa tremare le vene, perché è vero che di tante cose distorte e negative, come cristiani, non siamo responsabili in prima persona, ma il fatto di tacere sempre, il fatto di avvallare tutto, il fatto di non ammonire più i peccatori, perché “i tempi sono cambiati”, ci fa essere non solo “conviventi” col male, ma “conniventi”, e quindi complici, cioè corresponsabili, anche se non siamo stati noi, in prima persona a fare qualcosa. Il Signore stesso, attraverso la voce di Ezechiele ci dice come fare: “se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato”. Prima lettura di oggi. Nel suo bellissimo discorso 46 ai pastori, S. Agostino, commentando le parole di Ezechiele dice: “Mai dunque succeda che veniamo a dirvi: Vivete come vi pare! State tranquilli! Dio non condannerà nessuno: basta che conserviate la fede cristiana. … non vi dannerà. Se vi viene la voglia d’andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine che male c’è? E queste feste che si celebrano nell’intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e … si esalta, mentre in realtà si rovina, … andateci pure, celebratele tranquilli: tanto la misericordia di Dio è senza limiti e tutto lascerà correre! Coronatevi di rose prima che marciscano! E anche dentro la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! rimpinzatevi di cibi e bevande insieme con i vostri amici. Queste creature infatti ci sono state date proprio affinché ne godiate. … Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che s’accorgessero come nel nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore”. È terribile S. Agostino: una lucidità di giudizio, 1600 anni fa, che è di una attualità estrema. Ma non è finita. Più avanti, rincara la dose: “Si tratta di pecore riottose, le quali, quando si vedono ricercate nella via dove si sono smarrite, si proclamano estranee a noi per un loro errore e con loro perdizione. Perché vi interessate di noi – dicono -, perché ci ricercate? Quasi che la ragione per cui ce le prendiamo a cuore e le ricerchiamo non sia l’essere loro nella falsità e sulla via della perdizione! E insistono: Se sono nell’errore e nella perdizione, perché mi vieni vicino? perché mi cerchi? Proprio perché sei nell’errore, te ne voglio cavar fuori; proprio perché sei perduto ti voglio ritrovare! Ma io voglio errare così, e così magari perdermi! Vuoi errare e perderti così? Quanto più saggiamente io voglio impedirtelo! Ve lo dico francamente: Sarò un importuno, ma conosco le parole dell’Apostolo: Annunzia la parola, insisti e quando è opportuno e quando è importuno. A chi si predica opportunamente e a chi importunamente? Opportunamente a chi vuol ascoltare, importunamente a chi non lo vuole. Ebbene, sarò importuno quanto vi pare, ma con coraggio debbo dirvi: Tu vuoi camminare nell’errore e andare alla perdizione? Io non lo voglio. Del resto, non lo vuole nemmeno colui che mi infonde timore. Sì, anche se io lo volessi, osserva cosa mi dice lui, cosa mi fa risuonare agli orecchi: Le pecore fuorviate voi non avete richiamate [all’ovile] né avete ricercato le pecore perdute. Dovrò io temere te più che non lui? Tutti infatti dovremo presentarci al tribunale di Cristo. Non ho quindi timore di te, in quanto tu non riuscirai di certo a rovesciare il tribunale di Cristo, …. Pertanto ti richiamerò se sei una pecora sbandata, ti cercherò se sei perduta. Vuoi o non vuoi, farò così. E se nel ricercarti mi feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso mi caccerò nelle loro strettoie, frugherò per tutte le siepi e con tutte le forze che mi darà il Signore, autore della mia paura, mi spingerò per tutto il mondo, richiamando all’ovile chi si era sbandato, ricercando chi s’era perduto. Se tutto questo ti riesce insopportabile, non andare fuori strada, non metterti sulla via della perdizione”. Uno dice: “ah, ma questo è un prepotente. No! È un innamorato! Io ho conosciuto nella mia vita tanti papà e mamme, che, quando hanno visto che i loro figli stavano prendendo una brutta strada, hanno fatto il diavolo a quattro. Le hanno inventate tutte per impedire ai loro figli di farsi del male con le loro mani, di rovinarsi la vita da soli. Perché? Non perché volevano mettere i figli in carcere, ma li amavano così tanto che non potevano sopportare che un figlio andasse perduto. Mi piacerebbe proprio una Chiesa che crede e che pratica ancora queste convinzioni!!!
L’arte della correzione fraterna
Come pure mi piacerebbe tanto una Chiesa che crede e pratica la correzione fraterna suggeritaci dall’Evangelo di oggi. Il Signore ci ha dato come regola 4 passaggi. Se il tuo fratello sbaglia, 1: “ammoniscilo fra te e lui solo”; 2: “se non ascolterà, prendi con te una o due persone”; 3: “Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità”; 4: “e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”. In altre parole, bisogna fare l’impossibile per correggere chi sbaglia, coinvolgendo tutti, ma non con il pettegolezzo, che è diventato un’epidemia peggio del coronavirus. I pettegolezzi non risolvono niente, i pettegolezzi sanno solo distruggere, rovinare e uccidere. Dobbiamo essere nemici dei pettegolezzi. E poi sbagliare sbagliamo tutti – sbaglio io che sto parlando, ma sbagliate pure voi che state ascoltando – il problema non è spettegolare, ma riportare a casa chi se ne è allontanato. E se vi fosse un rifiuto drastico e ostinato bisogna pure prendere posizioni drastiche di rottura, non perché odiamo qualcuno ma perché siamo disposti a soffrire la lacerazione: chissà che questa possa essere la molla che aiuta a capire l’errore e a decidersi per la salvezza. Fino a quando continueremo a scusare, a giustificare, fino a quando continueremo a dire “in fondo che male c’è?”, noi continueremo a mistificare la verità e a rovinare l’anima delle persone. Gesù oggi conferisce a tutta la Chiesa il potere che, un paio di Domeniche fa, abbiamo sentito dare a Pietro: “tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo”. La Chiesa ha il dovere di esercitare questo “potere”, che, altro non è, che un servizio alla persona e al suo vero bene, perché ricordiamocelo sempre, che non basta dire ad una persona “ti voglio bene”, questo lo possiamo dire anche ai cani e ai gatti: “ti voglio bene, Fufi”. Alle persone non si può dire appena “ti voglio bene”: è troppo poco. Occorre essere decisi nel dire: “voglio il tuo bene!”.
L’amore vero e sofferto
In questo amore vero, e a volte sofferto, per le persone, il Signore ci ha assicurato: “se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Gesù è presente e agisce qui, oggi, come era presente 2000 anni fa con i suoi dodici: è presente e agisce dove ci si impegna per il vero bene delle persone, dove si fa alleanza educativa per il bene delle persone. È l’alleanza che auspico sempre tra genitori, tra genitori e parrocchia, tra agenzie educative e scuola, e oratorio. Dobbiamo essere alleati, perché siamo innamorati del bene dei nostri ragazzi. Questo è anche il senso della festa dell’Oratorio che oggi incomincia: innamorati del bene dei nostri ragazzi. E perché questa nostra preghiera sia forte, vera, insistente, sempre S. Agostino, nel commento al salmo 85, dice: “quando rivolgiamo a Dio la nostra preghiera, non dobbiamo separare da lui il Figlio, e quando prega il corpo del Figlio, esso non deve considerarsi come staccato dal capo. … l’unico Salvatore del corpo, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, sarà colui che prega per noi, prega in noi, è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, quindi, sia le nostre voci in lui, come pure la sua voce in noi. … È pregato dunque per la sua natura divina, prega nella natura di servo. Troviamo là il creatore, qui colui che è creato… Perciò noi preghiamo lui, per mezzo di lui e in lui; diciamo con lui ed egli dice con noi. Sapendo che in questo sta l’amore vero facciamo tesoro di quanto ci ha detto S. Paolo nella seconda lettura: “La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità”.