OmelieOmelie Novembre 2020

22 Novembre 2020 – Tempo durante l’Anno XXXIV Domenica (anno A) – Don Samuele

Tempo durante l’Anno – XXXIV Domenica A – 22 novembre 2020 – Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

 

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

Festa di Cristo Re! Sembra di affrontare un discorso fuori del tempo e della storia, quando si parla di un Re, una categoria di persone che ha dominato il mondo per secoli e millenni, e che oggi è estromessa come inutile e dannosa, divenuta utile soltanto al gossip, dimenticando che accanto a Sovrani deprecabili ci sono state figure straordinarie: da S. Luigi IX a S. Elisabetta di Marburg, da S. Stefano d’Ungheria al Beato Imperatore Carlo d’Asburgo, e, per giungere ai nostri tempi, pensiamo a Baldovino del Belgio o a Henri del Lussemburgo che hanno messo a repentaglio il loro trono per non scendere a patti con il male, per salvaguardare la loro coscienza.

 

Il potere

Ma proprio quando ipocritamente si ripudia il potere, la brama di potere – una delle tentazioni più antiche ed insidiose –, si manifesta. “Il potere logora … chi non ce l’ha”, ha detto un famoso politico italiano. Oggi troni, scettri e corone, non interessano più, ma solo perché i centri di potere si sono trasferiti altrove. Le nuove sale del trono, con relativo corredo, non stanno più nei palazzi reali, ma nelle aule parlamentari, nelle borse valori, nei grandi network, nei social. Qui sta il potere. È, dunque, quanto mai urgente e necessario affrontare il discorso di una regalità, cioè di un potere, alternativo a come viene concepito ed esercitato da quelli che, spadroneggiando sul mondo, si fanno pure chiamare benefattori. Un potere che è da rifiutare nettamente quando è fine a se stesso, ed è auspicabile, invece, quando diviene “pastorale”, cioè umano. Ben vengano, dunque le attualissime invettive di Ezechiele nella prima lettura contro i mercenari, che si fanno chiamare pastori ma sono mercenari, che non servono, ma si servono, del popolo di Dio. Ben vengano gli annunzi di Paolo, nella seconda lettura, che riconosce la validità del potere di Cristo, perché è declinabile come una vittoria sui grandi mali del mondo: peccato e morte. Ben vengano le profezie di un giudizio cui tutti saranno sottoposti, compresi i potenti di questo mondo, che davanti a Dio non potranno millantare quello che solitamente millantano in televisione: “abbiamo fatto questo e quest’altro”; non potranno vantare davanti al Signore del cosmo imprese politiche, economiche, artistiche, giuridiche, ma solo l’avere inteso la regalità come servizio e dono d’amore, resi al più piccolo e anonimo essere umano.

 

Il Re Pastore

Il fallimento globale di tanti Re di Israele non si misura sulla loro debolezza intellettuale o politica, bellica o diplomatica, ma sullo scarso servizio reso alla gente e al suo bene. Il potere, sempre più rinchiuso nei palazzi, aggrovigliato su se stesso, bramoso di tutelarsi e di accrescersi, ha impedito ai suoi detentori di vedere ciò che accade fuori dai palazzi: le sofferenze della gente, le ingiustizie ed i soprusi divenuti regola; la malvagità assunta a criterio, con l’assente relazione tra chi comanda e chi obbedisce. Voi direte: “queste cose scritte 2500 anni fa sono tali e quali oggi. Quante volte sento la gente lamentarsi della distanza tra la casta e la gente, tra il palazzo e la vita concreta delle persone. Questo degrado mette Dio nella condizione di intervenire e risolvere la questione, facendosi carico Lui di svolgere la funzione di pastore che i preposti hanno deturpato. In questo consiste la denuncia di Ezechiele. Nel Figlio di Dio uno stile pastorale si realizzerà, fuori dai palazzi del potere, poiché Gesù si sarebbe assunto tutte le sofferenze, avrebbe creato i presupposti per l’azzeramento di tutto quanto umilia l’uomo e le relazioni, avrebbe ricostruito una alleanza nuova ed eterna tra il Signore, Pastore e Giudice, e coloro che lo accolgono o lo rifiutano, rendendosi responsabili della fioritura o della devastazione del mondo. Il Pastore di Dio sarà colui che non solo si preoccuperà del benessere del gregge, non solo dando cose, ma dando se stesso: si farà suo cibo ed acqua, nutrimento e salvezza, grazie alla identificazione con l’ultimo degli uomini, perché il popolo abbia la vita … così il salmo ha celebrato il Pastore divino.

 

Cristo Re Pastore

Nella pagina evangelica, dalla profezia passiamo alla escatologia, cioè alla contemplazione di ciò che sarà il futuro definitivo. Il Regno si riassume e si concentra in una persona: Cristo Signore. È solo nel suo nome e nella obbedienza al suo comandamento che la storia assume una sterzata epocale: da scacchiere in cui il più potente domina il più debole, da giungla dove l’animale più grosso divora il più piccolo, a famiglia in cui, chi ha più doni si fa carico di chi è più nullatenente. È chiaro, di fronte a questa prospettiva grandiosa, che la politica e l’economia sono chiamate ad una conversione radicale, perché la norma che ha governato la storia sinora è evidentemente fallimentare. Cristo formula un giudizio non solo sul bicchiere d’acqua, o sul panno, o sul quarto d’ora donato, o sulla accoglienza di un singolo, ma sulla storia, sulle impostazioni impresse dal potere umano, su quelle che Giovanni Paolo II amava chiamare le “strutture di peccato”, cioè l’ingiustizia, la prevaricazione, il dominio incastonati in un sistema a crescita esponenziale, talmente sofisticato da rendere i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri; gli sfruttatori sempre più voraci e gli sfruttati sempre più miserabili. Cristo giudice, tale perché Signore che ama e serve, ripudia i perversi meccanismi umani, generatori di dolore e di morte, e instaura un nuovo ordine cosmico i cui i dispositivi si fanno virtuosi, generatori di gioia e di vita, perché fondati non semplicemente sulla giustizia, ma sulla carità, ovvero sul modello dell’amore di Dio. Chi entra in questa logica entra nel Paradiso dei benedetti del Padre: “Venite”, e chi la rifiuta entra nell’inferno dei maledetti: “via!”. Il giudizio, tuttavia, prima che dal Signore e giudice, è formulato da ciascuno uomo, che, nella propria libertà, decide da che parte stare, decide che mondo volere, decide che valori perseguire, decide che persona essere, decide l’amore per sé, o per Dio ed i fratelli, da dedicare, edificando quelle due città opposte di cui parla S. Agostino all’inizio della Civitas Dei. Di quale città vogliamo essere cittadini? Di quale città vogliamo essere protagonisti? L’evidenza della situazione nella quale tutti ci troveremo, prima o poi, richiede urgenza di presa di posizione, e, nello stesso tempo, accortezza, perché non possiamo trovare alibi nel dire che non sapevamo che il Signore adotta questi criteri. Addirittura la parabola di Matteo indica chiaramente che il rapporto escatologico con Dio è determinato dal rapporto terreno con gli altri, dato che Dio non teme di identificarsi nell’uomo, in qualsiasi uomo. Non dice “è come se l’avete fatto (o non fatto) a me”, ma afferma categoricamente “l’avete fatto (o non fatto) a me”. È un giudizio inequivocabile. Se stiamo perdendo di vista questa dimensione della fede, la solennità di Cristo Re ripone al centro della nostra fede la questione della incarnazione del nostro Credo. Perché la fede non è una cosa astratta, teorica, non è una vecchia tradizione, che si tira fuori dal baule ogni tanto. La fede è vita, è incarnazione, sono le opere concrete dell’amore.

 

La Chiesa ministra del Re Pastore

  1. Giovanni Crisostomo nella sua celebre omelia 50 sul Vangelo di Matteo commenta categoricamente la pagina evangelica odierna: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: «Questo è il mio corpo», confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi”. E le incalcolabili opere di carità della Chiesa, in ogni stagione della storia, testimoniano la sua fede ed il suo amore a Dio e all’uomo, e l’onore reso al Signore nella persona dei poveri. Siamo chiamati a non disgiungere mai la nostra fede dal nostro amore, anzi, a credere amando e ad amare credendo, perché siamo discepoli di un Signore che regna servendo e serve regnando. Gesù è stato veramente e totalmente Re in due momenti: quando ha lavato i piedi agli apostoli, e quando è stato inchiodato sul talamo, trono, altare della croce. Quell’Jesus Nazarenus Rex Judeorum si mostra come la profezia più credibile di ciò che è stato Cristo nel suo essere e nel suo porsi, e di ciò che deve essere la Chiesa nella storia, ministra e serva del Signore in tutti quelli nei quali Egli si identifica.

 

Battezzati in Cristo Signore

A questo punto riusciamo a capire la bellezza ed il valore del gesto che stiamo per compiere su questi bambini. Questo gesto è particolarmente significativo perché noi affidiamo questi bambini a questo Signore che ama e serve, a questo Signore che dà la vita. Noi facciamo il Battesimo non perché dobbiamo rispettare una tradizione vecchia come il mondo, o perché altrimenti guai. E non dobbiamo neppure vivere il Battesimo con una sorta di paura, perché se questi bambini non sono battezzati che cosa potrebbe succedergli? Siamo qui a celebrare il Battesimo come gesto di fede: riconosciamo che abbiamo bisogno di Cristo come Maestro e Signore, come Pastore e Guida della nostra vita. Sappiamo che Cristo ha tanti concorrenti, tante persone e situazioni che cercano di distoglierci e di fare come quel famoso pifferaio di Hameln che suonando un flauto incantato si tirava dietro i topi e se li portava via senza che potessero scegliere e decidere … tanti sono gli incantatori, tanti sono i plagiatori di anime e di coscienze. Noi siamo qui a dire che riconosciamo che Cristo è l’unico che ci rende veramente liberi, è l’unico che ci dà veramente salvezza, è luce, forza, gioia, pace, misericordia, grazia, Lui merita la nostra adesione. Questi bambini, tuttavia, potranno imparare a riconoscere la voce del Pastore, il cuore del Pastore, l’amicizia del Pastore, solo se troveranno papà e mamme che vivranno queste dimensioni. Solo se troveranno padrini e madrine che vivranno queste dimensioni. Solo se troveranno una parrocchia, una comunità cristiana, che vive queste dimensioni. Perché si fa presto a dire “Gesù è il Signore”, con le parole, è molto più impegnativo e difficile dirlo con la vita, con le scelte, con il modo di fare famiglia, con il modo di lavorare, con il modo di affrontare le questioni di ogni giorno, con il modo di educare i figli, è lì che noi siamo chiamati a dire “Gesù è il Signore, Gesù è il mio Re e il mio Pastore, Gesù è la mia guida ed il mio sostegno”. Allora auguri per questi bambini, perché possano davvero crescere in modo straordinario. Ricordatevi di questo giorno e di questa amicizia che Gesù vuole stabilire con loro, di questa salvezza che Gesù vuole offrire a loro. E facciamo di tutto, insieme, da veri alleati e amici nella fede, perché questo collaborare insieme li aiuti a trovare Cristo via, verità e vita, maestro e Signore, amico che non tradisce, che non abbandona mai.