29 Novembre 2020 – I Domenica dell’anno liturgico B – Don Samuele
Tempo di Avvento – I Domenica dell’anno liturgico B
29 novembre 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Un altro Avvento inizia oggi; un nuovo Anno Liturgico ci accoglie; e potremmo
essere qui oggi con il cuore in pace, sapendo già dove vuole arrivare la Liturgia di questa
Domenica, e quale messaggio ci vuole lanciare il Signore. Questo in parte è vero, ma se
abbiamo ancora, da qualche parte della nostra anima, il gusto della sorpresa, vi invito a
fare emergere questa caratteristica, e a lasciarci stupire ancora una volta dall’amore di Dio
che oggi ci vuole raggiungere e toccare il cuore con alcune sorprese.
Lo dico a tutti: vegliate!
La prima sorpresa ce la offre Marco, l’Evangelista che si fa nostro compagno di
strada, nel viaggio di quest’anno, e, come abbiamo appena sentito, va diretto al cuore
della questione: “State svegli, e se vi siete appisolati, svegliatevi!”. Un ordine di questo tipo
presuppone che la Chiesa di quel tempo, come la Chiesa di questo nostro tempo, rischia
di addormentarsi o di essersi già addormentata. Dice che i cristiani di quel tempo, come i
cristiani del nostro tempo dormono saporitamente. Qualcuno ha definito la Chiesa del
nostro tempo “un gigante che dorme”, magari molto sveglio per cose di nessun valore, ma
totalmente assopito sugli essenziali. E il rischio che corre la Chiesa lo corre pure il singolo
cristiano, magari molto sveglio per cose di nessun valore, ma totalmente assopito sulle
cose che valgono veramente. Attenzione: quando dormi il nemico ti può attaccare, il ladro
ti può svaligiare la casa, e chi trama contro di te ha campo libero per prepararti qualsiasi
trappola, per farti qualsiasi male. Voi direte: “In quale momento preciso?”. Bella domanda!
Se dormi non lo saprai mai, se vegli e stai sveglio, ti accorgi immediatamente di qualcosa
che non va. Ma il discorso è anche in positivo: se ti giunge una buona notizia, ma tu dormi,
non la senti. Se ti arriva a casa un ospite gradito e amato, e tu sei sprofondato nel sonno
non te ne accorgi. Se ti capita tra capo e collo un colpo di fortuna – direbbero i poco
credenti –, o un momento di grazia – direbbero i veri credenti –, e tu sei assopito, perdi
l’ennesimo treno della storia, forse proprio l’occasione propizia che la Provvidenza di Dio ti
manda, perché la tua vita possa essere salvata davvero. Non morderti la lingua dopo, non
versare lacrime di coccodrillo a posteriori! Hai sentito il Signore cosa ti ha detto: Lui viene
certamente a bussare alla porta della tua vita, ma non ti ha specificato se questo avviene
“alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”. Il Signore ti ha affidato un
compito: fai “in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati”. Fate, cioè,
in modo che, giungendo all’improvviso, non ci trovi senza fede, anemici di speranza,
poveri di amore. Ti devi proprio porre questa questione: “quando il Figlio dell'uomo tornerà,
troverà ancora fede sulla terra?”. Capite che non si tratta di domande superflue: nei
telegiornali di queste sere si pone frequentemente il problema di “salvare il Natale”, e,
ascoltando queste notizie io chiedevo a me stesso: “sì, ma quale Natale?”. Il natale dello
shopping, il natale dei cenoni, il natale delle settimane bianche … sicuramente tutte le
persone che operano in questi settori – e sono migliaia – devono pur mangiare, tutti
devono pur vivere; ma tutti dovrebbero pure ricordare che hanno un’anima, come pure
rammentare che se anche si guadagna il mondo intero, ma si perde la propria anima, si
combina un pessimo affare. È un esempio, se ne potrebbero fare mille. Ecco, allora, il
messaggio di oggi: “Svegliatevi, cristiani! Svegliatevi uomini e donne di buona volontà”.
Forse questa situazione surreale che stiamo vivendo per il coronavirus, è proprio il treno
che la storia ci mette a disposizione per salire ed effettuare un viaggio, non più fuori di noi
– vagabondi ed in fuga da noi stessi – ma un viaggio dentro di noi, alla ricerca dell’incontro
con l’unico vero Dio, l’unico vero Salvatore, l’unico vero Amico dell’uomo e del mondo.
Vegliate per ritrovarlo! Vegliate per ritrovarvi! Vegliate, perché, quando torna, trovi ancora
fede e amore in voi! Questo ci urla Marco, questo ci chiede Marco, questo ci ordina Marco.
Vorrei rilanciare il suo messaggio parafrasando le parole pronunciate da Mons. Oscar
Arnulfo Romero, il Vescovo martire di S. Salvador, la Domenica prima di essere
massacrato di pallottole mentre celebrava la Messa, in quella famosa omelia aveva detto:
“In nome di Dio vi prego, vi scongiuro, vi ordino: non uccidete” Io vorrei aggiungere
umilmente: “non uccidetevi, ma salvatevi in Gesù Cristo!”.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
La seconda sorpresa ci viene dall’uomo dell’Avvento per eccellenza: il profeta Isaia.
In questa pagina molto densa della prima lettura, ci ha offerto suggestioni, ricordi,
immagini, nostalgie, che non possiamo disperdere. Vorrei soffermarmi su alcuni tratti, in
particolare. Il primo, quando dice: “Tu, Signore, sei nostro padre”. È una notizia
meravigliosa e sconvolgente questa per una società orfana, che spesso condanna a morte
la figura del padre, di qualsiasi padre – così ci dicono gli psicologi –, solo perché egli le
ricorda che vi sono regole; che vi è una autorità; che la vita non è un fai da te; che la
libertà non è assoluta; il Padre ci ricorda che non è vietato vietare – checché se ne dica –,
e che è richiesta a tutti una obbedienza al bene ed alla Verità. Ecco perché il Padre viene
ucciso nella società: non si vogliono sentire questi ritornelli. Sono tutte cose che la vita ci
offre come risorsa e come opportunità, e che tanti gettano alle ortiche. E così il profeta si
interroga, ed interroga il buon Dio: “Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e
lasci indurire il nostro cuore?”. Domandiamole anche noi, queste cose, al Signore, e
chiediamoci il perché di tanto vagabondaggio spirituale, di tanta fuga dall’umano! Ma non
accontentiamoci di indagini sociologiche, trasformiamo in preghiera il frutto delle nostre
scoperte: “Ritorna per amore dei tuoi servi … Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti
a te sussulterebbero i monti”. Splendida questa immagine dei monti che saltellano. Forse
è più facile vedere sussultare i monti di gioia per il loro Dio, che ammirare la stessa scena
nei figli di Dio per il loro Padre. Eppure, continua Isaia, “Mai si udì parlare da tempi lontani,
orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per
chi confida in lui”. Siamo onesti: chi ha fatto, e fa tanto per l’uomo, quanto il Signore per
noi? E quanto è facile dimenticarci di questo! Con una conseguenza palese: “tutti siamo
avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”. Eppure,
nonostante l’evidente e palpabile degrado sociale, che consegue l’avere abbandonato Dio
e la sua Parola di vita, dice Isaia, “Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava
per stringersi a te”. Questi verbi all’imperfetto sono terrificanti: Nessuno invocava …
nessuno si risvegliava denunciano una situazione che non si è verificata una manciata di
volte, ma che è durata costantemente, come una mentalità ed uno stile di vita
permanentemente. Questo accadeva 2.700 anni fa all’epoca di Isaia … non avete
l’impressione che abbiamo imparato poco dalla storia, e che ci ritroviamo dopo millenni, a
ripetere gli stessi errori?
Noi siamo argilla e tu colui che ci plasma
Ed eccoci alla terza sorpresa: niente paura, ci ha detto l’amico Isaia: “Signore, tu sei
nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue
mani”. È questa un’immagine che mi ha sempre molto affascinato: da bambino mi sarebbe
piaciuto tanto avere una ruota su cui deporre dell’argilla e modellarla, e creare, come
vedevo fare in televisione. Ma, più che al fare, l’argilla rimanda al lasciarsi fare, poiché
indica la fragilità dell'uomo, e così ci riporta alle origini della creazione, quando l'uomo fu
tratto dalla polvere della terra, modellato da Dio, proprio come la creta nelle mani di un
sapiente vasaio. Molte persone oggi non sanno più chi sono veramente e perché vivono.
Isaia ci sorprende: siamo stati formati da Dio per uno scopo ben preciso, io questo scopo
l’ho imparato quando andavo al catechismo da bambino, e quelli della mia generazione
vedo che se lo ricordano ancora: “Perché ci ha creato Dio? Per conoscerlo, amarlo,
servirlo in questa vita e per goderlo nell’eternità”. È una frase semplicissima che dà uno
schiaffo alla semplice biologia: la vita umana non è semplice biologia; noi non siamo un
granello di polvere che vaga nello spazio infinito, non siamo un meteorite che ruota attorno
al pianeta. Dio ci ha creati per riempirci della Sua presenza, della sua Verità, del suo
Amore. Ed in questo nuovo Avvento il Signore ci pone nel cuore un’ansia ed una
nostalgia: tutti abbiamo bisogno del Redentore e Signore, come un figlio ha bisogno del
padre. Anche ai molti che vivono, come se si fossero fatti da sé, come se Dio non
esistesse, affermando che la vita è una proprietà personale, che non bisogna rendere
conto a nessuno, perché questi pensieri non risolvono la solitudine ed il vuoto dell’anima
che reclama il proprio Padre. Quell’ordine che abbiamo sentito all’inizio: “State svegli, e se
vi siete appisolati, svegliatevi!”, si traduce in un invito: non resistere più! Anche tu hai
bisogno di mettere la tua vita nelle mani amorevoli del Creatore. Arrenditi al Suo infinito
amore, ed in questa Eucarestia, in questa Domenica, in questo nuovo Anno Liturgico,
potrai conoscerlo non solo come il tuo Creatore, ma come il tuo Padre celeste, come il tuo
Salvatore, come il tuo amico che mai ti tradirà. Non indugiare in ragionamenti vani che non
ti danno nessuna certezza ma ti distraggono dal vero obiettivo: conoscere ed incontrare
Gesù, il Figlio di Dio, il tuo personale Redentore. Accettalo ed accoglilo quale tuo Signore,
e questo sia per te un buon Avvento, e ti prepari ad un buon vero Natale.