Carissimi bambini,
vi scrivo attraverso il sito della Parrocchia perché non sono pratico di gruppi WhatsApp, un po’ più di comunità. Una Domenica, al termine della S. Messa a Breda Cisoni, mi sono fermato a salutare i bambini nei primi banchi, come faccio di solito, ed ho chiesto loro di che cosa avevano parlato al catechismo, quella mattina. Prontamente mi hanno raccontato la parabola del figlio prodigo, con tanti di quei particolari che, persino l’evangelista Luca, quando l’ha scritta, se ne era dimenticato qualcuno. E mi sono detto: se questi bimbi hanno colto così bene il racconto, hanno colto anche il messaggio, e se hanno colto il messaggio, sono pronti per vivere la parabola, in un evento di grazia che è il Sacramento della Confessione.
Poi, però, è arrivato un piccolissimo nemico, che si chiama coronavirus, e che ha scombussolato tutti i nostri piani, per cui, il sabato 4 aprile, alla vigilia della Domenica delle Palme, non abbiamo potuto celebrare questo momento, serio e gioioso nello stesso tempo.
Ora che è passata la Pasqua, e che tutto permane provvisorio e indefinito – è così anche per la scuola e per le vacanze, per il lavoro dei vostri genitori e per gli impegni di molti adulti – vorrei dirvi e chiedervi una cosa: la Confessione non cade nel dimenticatoio, la celebreremo non appena sarà possibile, in accordo con i vostri genitori e con le catechiste, ma voi, nel frattempo, dovete farvi un favore, sì ho detto giusto, fare un favore a voi stessi: coltivate l’impegno di imparare a leggere con chiarezza dentro la vostra coscienza (si chiama esame di coscienza), e, soprattutto, nutrite il desiderio di raccontare a Dio, Padre buono, quei lati oscuri, quegli episodi spiacevoli, quelle situazioni da evitare, quegli atteggiamenti e quei comportamenti negativi, tutte cose che noi chiamiamo con una parola: peccato; poi raccontarli (si chiama Confessione); per ricevere gratis uno dei regali più belli che ci siano al mondo: il perdono (si chiama Assoluzione).
Un perdono da ricevere – è quello del Sacramento – ed un perdono da dare. La prima cosa è semplicissima, perché la fa Dio. La seconda, forse, un po’ più difficile, perché siamo chiamati a fare noi.
Per essere aiutati a perdonare vi racconto una favola: Un giorno un saggio diede al discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate. “Pensa a tutte le persone che hanno fatto o detto qualcosa contro di te, specialmente quelle che non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila nel sacco“. Il discepolo pensò ad alcune persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate. “Porta con te il sacco, dovunque vai, per una settimana” disse il saggio. “Poi ne parleremo“. Inizialmente il discepolo non pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un pò, divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato. Dopo qualche giorno, il sacco cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo faticoso portarlo, era anche sgradevole. Finalmente la settimana terminò. Il saggio domandò al discepolo: “Non hai nessuna riflessione sulla cosa?“. “Sì Maestro” rispose il discepolo: “Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un fardello per noi, e dopo un pò, peggiora.” E il Maestro disse: “Sì, questo è esattamente quello che accade quando si coltiva il rancore. Allora, come possiamo alleviare questo fardello?“. Il discepolo rispose: “Dobbiamo sforzarci di perdonare“. Il maestro commentò: “Perdonare qualcuno equivale a togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei capace di perdonare?“. “Ci ho pensato molto, Maestro” disse il discepolo. “Mi è costata molta fatica, ma ho deciso di perdonarli tutti“.
Sicuramente questo discepolo ha trovato un modo per stare bene e per vivere bene, e, a sua volta, sarà diventato un maestro. Il Maestro che può insegnare a tutti i maestri del mondo, Gesù ci ha detto anche una cifra di questo perdono: “settanta volte sette”. Mi pare faccia 490, questo per dire che non ci devono essere limiti e confini al perdono. E se mi chiedete “perché?”, la risposta è semplicissima: perché Dio si comporta così con noi. Perdona, cioè ci rimette in una vita nuova tutte le volte che glielo chiediamo, fossero anche settantamila volte sette.
Adesso lasciatemi dire una cosa ai vostri papà e mamme: aiutate i vostri figli a tenere limpida ed efficiente la coscienza. Insegnate loro a chiamare le cose con il loro nome: il bene è bene ed il male è male, non conviene barare, ci perdiamo tutti. Trasmettete loro anche quell’umiltà, che è una vera e propria grandezza, che ci fa riconoscere quando abbiamo sbagliato, e ci porta a chiedere scusa. Non ci accada, quando siamo nel torto, di pretendere la ragione, magari solo perché riusciamo a gridare un po’ più forte. Un proverbio cinese dice che l’uomo veramente forte, non è quello capace di vincere mille nemici, ma quello capace di vincere se stesso. E, soprattutto, aiutate i vostri bimbi a ricordare che noi abbiamo un buon pastore, che si chiama Gesù, e tutte le volte che ci capita di essere una pecorella smarrita, Lui è sempre pronto a lasciare le 99 pecore nell’ovile del Padre, per venire in soccorso di chi si è perduto, e quando ci ha ritrovati, l’unica cosa che gli interessa fare è la festa per la salvezza ritrovata.
Con questi sentimenti e atteggiamenti viviamo il tempo dell’attesa della prima Confessione, e preghiamo che la grazia del Risorto, dia luce, calore, energia al nostro oggi e al nostro domani.
Dio vi benedica, Don Samuele.
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