Lettera del parroco alle mamme e ai papà
Carissime mamme, carissimi papà,
vi scrivo attraverso il sito della Parrocchia perché non sono pratico di gruppi WhatsApp, un po’ più di comunità, e vorrei “fare comunità” anche attraverso queste lettere che sto scrivendo di settimana in settimana a diverse categorie di persone.
Vi scrivo perché Domenica prossima, 10 maggio è la festa della mamma, e perché il 19 marzo scorso è stata la festa del papà. Si tratta di due circostanze care al cuore di tutti, e che, inevitabilmente, la società dei consumi ha trasformato in occasione di business. Eppure, anche nelle circostanze commerciali, l’amore ha il potere straordinario di trasformare un qualsiasi oggetto, una qualsiasi merce, comperata in un anonimo centro commerciale o negozio, di trasformare una cosa impersonale in un segno personale di amore. Se ci pensate bene, questo è il regalo: una cosa qualsiasi trasformata in gesto di amore unico e irripetibile. È lo stesso prodigio che capita nell’Eucarestia: una cosa come il pane ed il vino che l’Amore di Dio trasforma in Corpo e Sangue del Signore, pur non mutando le apparenze.
In questo spirito vorrei fare anch’io un regalo-segno di amore a tutte le mamme – i papà non me ne vogliano se mi rivolgo soprattutto alle loro consorti (ma consorte significa persona che condivide la stessa sorte, e quindi, sono coinvolti anche loro) –. Non si tratta di un regalo che si può prendere in mano, ma di un regalo che si può deporre nel cuore. È il regalo di una storia, drammatica e bellissima, che inizia con l’incanto e termina con la tragedia, anche questa trasformata dall’amore. Non ve la racconto tutta, perché sarebbe un po’ lunga, mi limito all’inizio e al finale, lasciando a voi l’incombenza di andarla a cercare (in internet si trova certamente): si intitola “Il diavolo e il cuore di mamma”.
“C’era una volta un bambino che viveva in un piccolo paese con la sua mamma. Erano soli, ma l’uno bastava all’altra come solo una mamma e il suo bambino sanno fare. La mamma lavorava tutto il giorno, nella sua stessa casa, lavando stirando e ricamando per le compaesane, e guardava il suo bambino crescere contento di ciò che lei riusciva ad offrirgli e del suo amore, finché … finché, col passar del tempo qualcosa di indefinito, di non detto, cominciava a insinuarsi nella loro piccola felicità. La mamma sapeva di non poter fare più di quello che una donna semplice, quale lei era, già faceva, e la scintilla di inquietudine, che a tratti, scorgeva negli occhi di suo figlio, tormentava il suo cuore. Non ne parlava. Conosceva già le risposte. Sapeva che un giovane che si affaccia alla vita vorrebbe avere tutto quello che è possibile avere per conoscere il mondo, divertirsi e cose belle, e sentirsi importante, e forte e ricco, queste cose le teneva nel suo cuore, mentre pregava e offriva la sua vita perché quel figlio fosse felice …………………………………………………………………
Dopo avere incontrato il diavolo, mentre dialogava con lui sul suo futuro, il giovane si sentì dire: – bene, ragazzo – disse il diavolo – forse posso fare molto per te! Hai giovinezza, bellezza, voglia di farti strada, bene, potrei aiutarti ma … dipende da te -. Farei qualsiasi cosa – rispose il giovane – qualsiasi per avere ciò che voglio, per poter “vivere” -. – Vedremo – ribatté il diavolo – vedremo! -. – Io non posso pagarvi, signore – continuò il ragazzo – io non ho nulla, ma … chiedetemi qualsiasi favore, e io lo farò! -. – Oh! No, io non ho bisogno di denari – rispose il diavolo – però – continuò – una cosa la puoi fare, per farmi piacere, se vuoi -. – Dite, ditemi, vi prego -. – Devi solo … – riprese il diavolo – solo portarmi una cosa, una cosa a te cara! -. – Quale? -, domandò il ragazzo. – … Il cuore di tua madre! -, gli disse il diavolo. Per un momento il giovane avvertì come una fitta, proprio al centro del petto, e sembrò chiedersi perché? Ma la sua sete dei beni e della felicità ben presto la spense e rispose: – lo farò -. Così, dopo aver dato appuntamento al diavolo per l’indomani, si accinse in gran fretta a ritornare verso casa. Giunse che appena albeggiava. La madre era a letto, ma non dormiva e, al riveder il figlio, i suoi occhi brillarono, come la stella del mattino. E fu quella l’ultima luce che il ragazzo vide, perché in breve strappò il cuore di sua madre e, avvoltolato in un panno, si rimise in viaggio per recare l’orrendo pegno. Correva, correva, non vedeva l’ora di portare a compimento il suo misfatto per aver in cambio la felicità. A un tratto, inciampò e cadde. Il cuore della mamma scivolò via e finì sulla nuda terra. Il giovane cercò affannosamente, tastando ovunque con le mani per trovarlo, quando a un tratto sentì la voce di sua madre che gli chiedeva, in pena: – figlio mio! Ti sei fatto male? -. Era il cuore. Il cuore della mamma.
Spero sia piaciuto questo regalo, alle mamme e anche ai papà, è solo un minuscolo, ma sincero tentativo di dire GRAZIE ai nostri genitori, per averci dato la vita, per averci fornito una educazione, per averci trasmesso un mondo di valori, per averci avvolti di amore, per averci agganciato ad una storia vera, bella, grande, nobile, ad una cultura straordinaria, ad una tradizione di una ricchezza spirituale incalcolabile, tutte cose indispensabili, e senza le quali ci ritroveremmo spaesati, senza casa e senza patria, senza una origine e senza una meta, come i protagonisti di tanti film di fantascienza angosciosi ed allucinanti, che ci proiettano in un futuro non auspicabile.
GRAZIE alle mamme e ai papà, soprattutto, per avere un cuore grande, sempre accogliente, sempre attento a cogliere le nostre fatiche e le nostre speranze, le nostre gioie e i nostri dolori, i nostri entusiasmi e le nostre frustrazioni. È il cuore raccontato dalla piccola storia del diavolo e del cuore di mamma, che non è per nulla incredibile, ma solo toccante. È a motivo di questo cuore grande di cui sono capaci i genitori, sacramento del cuore immenso di Dio, che, tra i pochi comandamenti necessari alla vita (sono appena 10), uno è dedicato a tutelare i genitori: “Onora il padre e la madre”. È un ordine che accogliamo volentieri e al quale volentieri obbediamo. Sottolineo il “volentieri”, pensando alle molte persone intervistate in queste settimane in tv, che hanno raccontato la loro apprensione, il loro affetto, il loro dolore, il loro strazio, per le loro mamme e papà, forzatamente soli in ospedale, nelle case di riposo, nei cimiteri. Tra le cose che il coronavirus ci ha fatto rigustare vi è l’arte di prendersi cura reciprocamente, soprattutto dei nostri cari anziani, deboli, fragili. Sono le radici della nostra vita, e senza radici nessun albero è in grado di vivere.
Proprio perché tutti siamo consapevoli e convinti nel nostro DNA della ricchezza di ogni cuore materno, la prima parola che tutti i neonati, in tutte le lingue, balbettano è proprio “mamma”. E l’ultima parola che tutti riusciamo ad emettere, prima di affrontare la fatica di morire, è ancora “mamma”. La mamma ci prende per mano dal concepimento alla morte naturale. È lei che ci precede e ci accompagna, ci segue e ci sostiene tutti i giorni della vita. È ancora Lei che ci accoglie, Mamma celeste, come Madre della Chiesa dei viventi e dei defunti, quando varchiamo la soglia dell’eternità.
È per ogni mamma che ciascuno può dire, come S. Agostino, al momento della morte della sua mamma Monica a 56 anni: “Signore, non ti chiedo perché me l’hai tolta, ti ringrazio perché me l’hai data”. Condividendo tale gratitudine di questo grande Dottore della Chiesa, voglio mandare un pensiero affettuoso ed un augurio caloroso a tutte le mamme: a quelle che hanno uno o più figli e a quelle che desiderano dare la vita ad una creatura; alle mamme che pensano di sopprimere la loro creatura nel loro grembo e a quelle che faticano per averla in dono; alle mamme che si sono trovate ad accogliere un figlio nella stagione del coronavirus e a quelle che hanno vissuto il dolore più lancinante che esista: il dramma della morte di uno dei propri figli; alle mamme che devono fare i conti con una maternità difficile o problematica e a quelle che si trovano sole, senza più quella famiglia che hanno voluto, amato, ed edificato, con amore e sacrificio; alle madri spirituali che educano e accompagnano all’età adulta della vita, nonché alla piena maturità di Cristo; alla Chiesa Madre, perché sia sempre feconda, e generi continuamente nuovi figli nel Figlio Cristo Gesù.
Ecco, ho voluto offrire questo omaggio a mia mamma e a tutte le mamme, con la stessa spontaneità di quando da bambino, a scuola, ci insegnavano la poesia per la festa della mamma, e tutti noi, orgogliosi, salivamo in piedi sulla sedia e la raccontavamo sotto gli occhi di tutti, magari con qualche difetto di memoria, ma con tanto affetto nel cuore e negli occhi.
Con questi sentimenti e atteggiamenti viviamo il giorno di festa della mamma e del papà, il presente ed il futuro che il Signore ci dà da vivere, e preghiamo che la grazia del Risorto, dia luce, calore, energia al nostro oggi e al nostro domani. Per intercessione di Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, e di S. Giuseppe, Dio vi benedica. Un bacio ed un abbraccio a tutte e a ciascuna mamma, e tanti auguri a tutte le mamme ed i papà.
Don Samuele
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