9 agosto 2020 – Tempo durante l’Anno XIX Domenica (anno A) – Don Samuele
Tempo durante l’Anno – XIX Domenica A – 9 agosto 2020
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Tutto quello che noi non riusciamo a vedere con i nostri occhi e a toccare con le nostre mani, con la fantasia ce lo raffiguriamo e immaginiamo come potrebbe essere. Una delle curiosità più prepotenti che ha sempre abitato il cuore ed il cervello umani è proprio Dio: come è fatto, che caratteristiche ha, come agisce, che carattere ha, come ci si relaziona con Lui? Il fascino di Dio è sempre stato irresistibile per l’uomo, dall’epoca delle caverne. Solo nel nostro tempo l’interesse è calato vistosamente, e nella nostra epoca siamo passati da un uomo naturalmente religioso, ad un uomo naturalmente ateo. Da una generazione sostanzialmente religiosa – pensiamo ai nostri vecchi – ad una generazione praticamente atea – pensiamo alle generazioni che stanno crescendo.
Chi è Dio?
Molti pretendono che Dio debba dare dei segnali forti, per convincerci, per costringerci a credere, ma questo modo di pensare è una visione distorta, è come se il mondo fosse un grande circo e Dio uno dei tanti professionisti dello spettacolo, capace di incantare il suo pubblico con effetti speciali. Mi dispiace deludere queste persone, ma Dio è quanto mai discreto, perché è estremamente rispettoso della nostra intelligenza e della nostra libertà. Dio sa che non siamo degli allocchi, che hanno bisogno di essere ingannati o plagiati. Siamo liberi di credere, abbiamo l’intelligenza per credere. Se qualcuno vuole trovarlo Dio, deve andarlo a cercare, non può aspettare in poltrona, in pantofole, con una tisana fumante, una telefonata o una visita a casa. Questo è successo a tutti i grandi amici di Dio dell’Antico Testamento. La prima lettura di oggi ci ha parlato di uno di essi, il profeta Elia, un gigante della fede, un uomo solo contro tutti, un profeta perseguitato da tutto e da tutti. E questa solitudine del credente, lo ha indotto ad andare a cercare questo Dio, che appariva un sogno, un’ipotesi, un’utopia, da scartare a tutti. Il profeta cammina 40 giorni e 40 notti – dice la Scrittura – per arrivare a quella montagna sacra, dove era certo di trovare Dio. Ma qui trova Dio come non se lo aspettava. Dio gli si mostra, ma completamente diverso dalle attese. Elia immaginava e cercava un Dio impetuoso e gagliardo come il vento, un Dio vigoroso come il terremoto, un Dio capace di distruggere come il fuoco. Ha dovuto ricredersi: Dio si è presentato a lui come un mormorio di vento leggero, un sussurro di vita, un fremito di libertà, un soffio di amore.
Alla ricerca di Dio
Quante volte nella vita dobbiamo metterci anche noi a confronto con l’esperienza di Elia, e demolire le immagini di Dio che ci siamo fatti. Chi cerca un Dio giustiziere e vendicativo, chi cerca un Dio che risolve drasticamente i problemi sociali, chi cerca un Dio che brucia e consuma gli antipatici, i farabutti, le ingiustizie, le cattiverie … deve ricredersi: Dio si presenta a noi come una parola bisbigliata capace di cambiare i cuori, come un sussurro di vita salvata dalla sua grazia, come un fremito di libertà donata e ritrovata, come un soffio di amore – debole all’apparenza, ma dalla forza dirompente e capace di cambiare il mondo –. Dio sa accontentare qualcuno, ma sa pure deludere la maggioranza, che, se dovesse votarlo, cambierebbe facilmente partito. Basterebbe una preghiera innalzata come pretesa e non esaudita. Ma per grazia, Lui non si vende e non si svende, per una manciata di consensi, per un po’ di popolarità, per qualche applauso, per qualche punto in più di audience. Il suo sogno ed il suo impegno per il mondo ci sono stati condensati nelle parole del salmo: “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo”. “Fermati sul monte alla presenza del Signore”, questo invito, che suona quasi come un ordine, risuona per tutti noi, per la Chiesa, ma anche per ogni persona di buona volontà: stiamo correndo su vie di morte, che ci porteranno a traguardi funesti: fermiamoci, siamo ancora in tempo, ma non per cercare altre strade, magari altrettanto sbagliate, ma per stare alla presenza del Signore, Lui è l’unico in grado di svelarci l’enigma della vita, Lui è l’unico capace di dare risposte vere e saporose agli interrogativi più inquietanti, Lui è l’unico capace di offrire quell’amore che è la massima aspirazione del cuore, di ogni cuore.
Non abbiate paura
Da quando il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo, la ricerca risulta facilitata. Gesù si è messo a disposizione dei suoi apostoli allora, e di tutti i discepoli di ogni tempo e di ogni luogo adesso. Anche Lui, come Elia è salito sul monte a cercare contatto, colloquio, con il Padre, ma il suo occhio è vigile, il suo cuore è desto, e di fronte alle bufere della storia, ai contraccolpi della vita, Gesù non è mai l’assente, l’indifferente, l’impassibile, o il menefreghista. Per venirci incontro, per darci aiuto, per infonderci speranza, e trasmetterci coraggio, supera qualsiasi ostacolo, persino il mare in tempesta. E quante volte si è ripetuta e si ripete la stessa identica scena: i discepoli sconvolti e stralunati che, di fronte ad un segno evidente dell’amore di Dio, dicono: «È un fantasma!» cioè è una favola, è una chimera, e sentendosi cittadini di un mondo dove a Dio viene negata la cittadinanza, cosa gli rimane da fare? “gridano dalla paura” dice l’Evangelo. Per ciascuno Gesù ha parole di tenerezza e di incoraggiamento: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Vorrei che queste parole del Signore ci entrassero nel cuore, ci muovessero il cuore, e vi propongo un’immagine per aiutarvi: proviamo a ricordare quando eravamo bambini: tutti avevamo paura di qualcosa e avevamo paura del buio, di rumori strani, di belfagor, il fantasma del Louvre che terrorizzava … ebbene se ci fossimo trovati in una foresta infida, da soli, senza una torcia, circondati da rumori strani e insidiosi … bastava che la nostra mamma o il nostro papà ci raggiungessero e dicessero la stessa cosa: «Coraggio, sono io, non avere paura!». E chi non si sentirebbe al sicuro nell’abbraccio di una mamma o di un papà? Questo è uno dei ritornelli più frequenti di tutto l’Evangelo: come si fa ad avere ancora paura di qualcosa se il Signore è con noi, è per noi, è in noi?
Perché dubitare?
Mentre vi sto dicendo questo, immagino la scena di qualcuno che si alza e mi dice: “Don, si fa presto a dirlo, ma di fronte a malattie terribili, a disgrazie come quella di Beirut, che ha distrutto una città, alla bomba su Hiroshima e Nagasaki, di fronte alla pandemia che sta corrodendo il mondo, come si può chiedere con disinvoltura ‘come si fa ad avere ancora paura di qualcosa se il Signore è con noi, è per noi, è in noi?’”. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi ad avanzare questa obiezione: persino Pietro, in uno slancio di entusiasmo ha detto al Signore “se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”, e poi alla prova dei fatti, quando Pietro ha cominciato a camminare sull’acqua, e a non sentire la terra sotti i piedi, è sprofondato. Sì, perché pure Pietro ha dubitato che il Signore sia con noi, per noi, in noi. Se riusciamo a salvarci questa convinzione, allora possiamo persino camminare sul mare, ma se questa fede vacilla, allora è naturale sprofondare. Gesù non ha avuto paura di ricordarci brutalmente questo. Lui che era abituato a chiamare le persone per nome, addirittura si permetteva di cambiare il nome alle persone, per indicare un cambio del cuore, della personalità della vita, in questo caso si rivolge al suo amico e non lo chiama né Pietro né Simone, lo chiama «Uomo di poca fede», e subito lo rimprovera: “perché hai dubitato?”. Se c’è una cosa che incanta Dio è la fede, e se c’è una cosa che rattrista Dio è l’assenza di fede. Scendendo dalla montagna e avvicinandosi a noi, quando tornerà alla fine dei tempi, il Figlio di Dio troverà ancora fede sulla terrà? Riuscirà a instaurare la bonaccia del suo Regno o dovrà assistere ad una umanità che affonda perché ha dubitato? La risposta a queste domande non la devo dare io da solo, ma ciascuno di noi, personalmente e insieme. Non solo oggi, ma anche lunedì, martedì, mercoledì, a settembre, a dicembre, a marzo, nel 2022, nel 2030, ogni giorno siamo invitati a compiere lo stesso gesto di fede dei discepoli sul mare calmato dal Signore: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Il cuore non trova pace sino a quando non riposa in Te
E se vogliamo esprimere questa certezza con maggiore intensità, possiamo far nostre le parole ed i sentimenti di S. Agostino, lui che ha sperimentato che cosa significa camminare sull’acqua e affondare, per un grande senso di frustrazione della sua vita. Ebbene, nelle sue “Confessioni” scrive: “Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua sapienza incalcolabile (Sal 144,3; 146,5). E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non trova pace finché non riposa in te. Che io ti cerchi, Signore, invocandoti e ti invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. Ma chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: te. Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli. E cosa sono io stesso per te, sì che tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non obbedisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l’assenza stessa di amore per te? Oh, dimmi per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di’ all’anima mia: «La salvezza tua io sono!». Dillo, che io l’oda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile, e di’ all’anima mia: «La salvezza tua io sono». Rincorrendo questa voce, io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto. Che io muoia, per non morire, per vederlo.” Aurelio Agostino, Le Confessioni, 1,1.5. Io vi invito a pregare, soprattutto per chi queste cose le ha dimenticate o le sta dimenticando, o le sta sottovalutando, scopra questa inquietudine di Agostino, e riesca davvero a mettersi in ricerca e a scoprire questa verità straordinaria: il Signore ci ha fatto per Lui, e noi non troviamo pace fino a quando non riposiamo in Lui. Lui lo ha scritto tanti secoli fa, ma ci sono persone che lo hanno vissuto anche nel nostro tempo. Oggi cade la festa liturgica di Santa Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce, una donna ebrea, studiosa di filosofia, la prima donna che ha insegnato in una università tedesca, colei che ha collaborato con i più grandi filosofi del suo tempo, ebbene questa sua ricerca, che è durata una vita, è culminata nella scoperta di Cristo. Quando ha conosciuto Gesù, lei che era ebrea ha voluto diventare cristiana, e non contenta ha voluto diventare monaca carmelitana, non contenta, è stata capace di regalare la sua vita nel campo di concentramento di Auschwitz, in offerta per il mondo e per la salvezza del mondo. La sua opera più importante si intitola Scientia Crucis, la Scienza della Croce, è la scienza più alta, non è la matematica, non è la filosofia, non è la psicologia, non è la chimica, la scienza più alta è la scienza della Croce. Auguro a tutti questa scoperta piacevolissima, bellissima, e rinnovo l’invito perché tutti quelli che sono lontani possano avvicinarsi e fare questa scoperta meravigliosa del Signore Gesù.