19 gennaio 2020 – II Domenica del tempo ordinario – solennità di S. Sebastiano – Don Samuele
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Nei giorni solenni del Natale e dell’Epifania, molte volte ed in molti modi, abbiamo sentito parlare di luce, annunciata come realtà che ci corre incontro, di cui dobbiamo vestirci, della quale dobbiamo lasciarci invadere e penetrare nel profondo. Immagini tutte assi suggestive, ed evocative di una condizione di vita speciale, che per noi non è un futuro semplicemente, ma è un passato ed un presente grazie al Battesimo. Nei primi secoli cristiani i battezzati venivano chiamati con un nome strano: fotizomenoi, (fotografia, fotosintesi … c’è sempre di mezzo la luce) cioè illuminati.
La luce dell’Antico Testamento dilaga nel Nuovo
Ci aiuta ad entrare nell’argomento Isaia, che descrive la persona disposta a mettersi a servizio di Dio come plasmata dalle mani del Signore fin dal grembo materno. Sì, Dio educa e dà una fisionomia ed un’anima ai suoi figli, come un abile e creativo vasaio modella la creta, per trasformare un mucchietto di terra in un’opera d’arte. E quando il capolavoro è pronto, il servo di JHWH, eccolo in azione per far incontrare come due innamorati Dio ed il suo popolo. E Dio non si accontenta di una relazione a due, vuole accogliere nell’abbraccio del suo amore tutte le nazioni – cosa inaudita per gli ebrei più campanilisti – per cui costituisce il suo servo “luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”. La fede di Dio in noi, e la fede di noi in Lui, non immiseriscono mai il cuore, ma lo dilatano alle dimensioni del mondo. La fede non è l’oppio dei popoli, come qualcuno stoltamente ha detto, ma è l’unico vero motore di trasformazione del mondo. E gli artisti esperti in questa opera sono i santi. Così li ha raccontati al milione di giovani di 193 paesi Papa Benedetto XVI durante la giornata mondiale della gioventù a Colonia: “Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Nel secolo appena passato abbiamo vissuto le rivoluzioni, il cui programma comune era di non attendere più l’intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo. E abbiamo visto che, con ciò, sempre un punto di vista umano e parziale veniva preso come misura assoluta d’orientamento. L’assolutizzazione di ciò che non è assoluto ma relativo si chiama totalitarismo. Non libera l’uomo, ma gli toglie la sua dignità e lo schiavizza. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?”. Queste parole sono la fotografia perfetta di S. Sebastiano, che ha reagito al totalitarismo dell’Imperatore per proclamare il primato della coscienza illuminato dalla fede. Dobbiamo essere capaci di ridire queste parole: “Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero”, di gridarle alla politica, all’economia, all’informazione, all’educazione, soprattutto ai giovani, che cercano, a volte inutilmente, modelli veri per impostare la loro vita.
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
S. Sebastiano incoraggia a sperare in una generazione di giovani, i quali, dalle macerie umane prodotte dal malefico ’68 in poi, sanno alzare la testa, e ritrovare modelli validi di umanità e di fedeltà. La comunità degli adulti deve interrogarsi su come educare i giovani in tal senso, su quali valori, ideali, principi proporre loro, riabituandoli alla vita vera, quella che bandisce la futilità come il veleno, perché ricerca l’eroismo di chi dice come il salmo: “Sacrificio e offerta non gradisci, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo». «Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo»”. Noi abbiamo da secoli e millenni esempi straordinari di persone dedite, a cominciare da Colui che è stato presentato al mondo come “l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”. A noi, forse, dice poco, questa immagine, ma per gli ebrei era molto eloquente. Ogni anno, infatti Israele celebrava la festa dello yom kippùr con l’offerta del “capro espiatorio“, che ogni anno, veniva caricato di tutti i peccati di Israele e mandato a Azazel. Dal Tempio di Gerusalemme il povero animale andava verso il deserto per condurre lontano i peccati del popolo ebraico. Gesù una volta per tutte si è caricato i nostri dolori ed i nostri peccati – non commessi da Lui – e li porta via. Giovanni è il testimone di questa innocenza dell’Agnello e di questa sua audacia nel volerci liberare dal male: “Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui … E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”. Giovanni usa il verbo memarturhka, ho martirizzato che questi è Figlio di Dio. La testimonianza vera non è mai indolore, ma sempre sofferta. Si dice popolarmente pagare di persona, pagare sulla propria pelle. Giovanni Battista ha testimoniato con il carcere e la prigione, Sebastiano ha testimoniato con il plotone di esecuzione per ben 2 volte, 245 milioni di cristiani nel mondo stanno facendo la stessa cosa. Ogni battezzato di Sabbioneta è un testimone, solo che se la vita e la fede sono qualcosa di unicamente godereccio, siamo testimoni solo della biologia. Se abbiamo il coraggio di affrontare incomprensioni, opposizioni, persecuzioni, anche quelle di parole false e cattive, più taglienti delle spade e più pungenti delle frecce di S. Sebastiano, allora siamo testimoni di Cristo e della fede in Lui. Ribadisco che la testimonianza vera non è mai indolore, ma sempre sofferta. E questa è l’unica credibile per chi ancora ha una minima fame di autenticità.
Nel 1630 i nostri padri hanno fatto un voto a S. Sebastiano, che tra poco leggeremo, per invocare il suo aiuto non solo contro la peste, ma anche contro tutti quei mali morali che uccidono la vita più di una pestilenza. Siamo qui oggi a fare memoria di un evento lontano nel tempo, non perché siamo nostalgici, non perché non abbiamo niente di nuovo da dire e da fare, ma perché è quanto mai moderno invocare lo stesso intercessore e patrono non solo contro l’aids, il dilagare di tumori, le patologie cardiovascolari, le forme di demenza e Alzheimer, ma anche contro tutti quei mali morali che uccidono la vita, la famiglia, la comunità, la fede, la speranza, l’amore più di una epidemia.
Il medico e la cura risiedono in Cristo, capace di offrire ancora ragioni sufficienti per vivere, per credere, per sperare, per amare, per sognare, per combattere, per donarsi, e persino per morire, perché Lui è in grado di dare vita e gioia, grazia e santità.